Non è un lavoro per ragazze, tra omicidi e sensi di colpa
La scrittrice Sakuraba Kazuki firma 'Non è un lavoro per ragazze', romanzo con una storia ottima alla partenza ma che, via via, si fa un poco assurda. Tuttavia, apre alla possibilità di riflettere su chi siamo e su chi diventiamo quando siamo con gli altri e sulla facilità con cui la solitudine ci rende creature facili da manipolare. Un libro non per tutti.
di Erika Pomella / 13.07.2023 Voto: 6/10
Classe 1979, la scrittrice Sakuraba Kazuki ha già avuto modo di farsi notare nel mercato editoriale italiano grazie al suo precedente romanzo, Red Girls. Ora l’autrice, originaria della prefettura di Shimane torna di nuovo in libreria con Edizioni E/O che ha pubblicato il suo ultimo lavoro dal titolo Non è un lavoro per ragazze, una sorta di thriller sui generis che è anche un romanzo di formazione e un racconto d’amicizia tossica. Un romanzo breve, con una voce narrante che lo posiziona nel vasto mondo dello young adult, che si fa leggere in un battibaleno.
La storia
Protagonista della vicenda è Ōnishi Aoi, una ragazzina di tredici anni che frequenta le scuole medie. Appassionata di videogiochi, la ragazza appare divertente e solare quando è tra i banchi di scuola. Ma la sua è solo una maschera che indossa per non essere giudicata dalle sue amiche, alle quali non vuol far sapere quello che succede a casa sua. Il suo patrigno, infatti, dopo aver perso il lavoro si è trasformato in un mostro che passa gran parte del suo tempo a bere e dormire e, in quel che resta delle sue giornate, a maltrattare Aoi o rubarle i soldi. Cancellata l’ombra dell’uomo gentile che aveva conosciuto all’inizio, Aoi non vede altro che questo mostro che sembra aver spento anche qualsiasi scintilla vitale in sua madre, che lavora tanto per guadagnare qualcosa e, forse, anche per passare meno tempo possibile in una casa che sa di gabbia. Durante le vacanze estive, però, Aoi stringe una strana amicizia con Miyanoshita Shizuka, sua coetanea che passa l’estate in abiti gothic e sembra in qualche modo fuori dal mondo. Miyanoshita Shizuka, soprattutto, dice a Aoi che può aiutarla a liberarsi del patrigno, di quell’uomo sconfitto e vigliacco, che manca di rispetto anche alla memoria del vero padre di Aoi. È così che la tredicenne si trasforma in un’assassina, ma il peggio deve ancora venire quando Miyanoshita Shizuka chiede alla sua nuova amica di ricambiare il favore.
“In seconda media, a tredici anni, la sottoscritta Ōnishi Aoi ha ucciso due persone. Una, durante le vacanze estive. L’altra, durante quelle invernali. Nel farlo, ho capito che uccidere non è un lavoro per ragazze.”
Le prime pagine sono la parte più riuscita del romanzo
Queste sono le parole che aprono il prologo di questo racconto che sfora di poco le duecento pagine. Una frase che è utilizzata anche come vero e proprio uncino per la curiosità del lettore, che si lascia subito irretire dalla storia di questa tredicenne che si fa giustizia da sola. In effetti, sono proprio le prime pagine di Non è un lavoro per ragazze la parte più riuscita del romanzo. In questa parte iniziale, la scrittrice Sakuraba Kazuki è molto abile nel costruire il mondo interiore ed esteriore della sua protagonista. Da una parte un’isola distaccata dalla terraferma dove il più grande evento è stata l’apertura di un Mc Donald’s, dall’altra una ragazzina che è distaccata dai suoi coetanei, che non riesce ad essere se stessa, e che alterna fasi d’ira improvvisa a quello che definisce “uomo delle caverne”, una creatura che ha paura di qualsiasi cosa, anche solo di dire la sua opinione. A chi legge sembra quasi di sentire l’estate che avanza in questo piccolo villaggio di pescatore, con il ruggito del mare a fare da sfondo. Fino al primo omicidio, Non è un lavoro per ragazze è un romanzo in qualche modo feroce, che racconta coi toni della fiaba una realtà che di fatto sa di incubo.
Man mano che il racconto avanza, nella storia subentra un livello troppo alto di incredulità
Tuttavia, man mano che il racconto avanza, nella storia subentra un livello troppo alto di incredulità, che è personificato nella figura di Miyanoshita Shizuka, dalla sua storia, dalle vicende che portano Aoi a decidere di aiutarla nel suo piano omicida. Si tratta di una storyline un po’ troppo assurda, che sembra perdere quella magia sinistra della prima parte in favore di una riflessione sulle amicizie tossiche, su quei tipi di rapporti che si costruiscono su fondamenta labili, create dalle bugie che raccontiamo pensando di dare all’altro quello che si aspettano da noi. Il finale della storia è un po’ frustrante e lascia lo spettatore con l’amaro in bocca. Al tempo stesso, però, si apre alla possibilità di riflettere su chi siamo e su chi diventiamo quando siamo con gli altri e sulla facilità con cui la solitudine ci rende creature facili da manipolare. Non è un libro per tutti, anche a causa del ritmo lento e poetico, che sembra quasi stonare con la splendida cover che sembra quasi omaggiare Tarantino. Ma è comunque una storia che ha qualcosa da dire, qualcosa da raccontare. Qualcosa che ci porta indietro nel tempo, che ci riporta a quella pre-adolescenza dove tutto sembrava possibile e tutto, al tempo stesso, era spaventoso.