Il terzo tempo, Enrico Maria Artale parla del suo Film
Il trailer del film Il terzo tempo, di Enrico Maria Artale, che ci racconta anche da dove nasce la storia.
di Redazione / 18.10.2013
Vi presentiamo il trailer del film Il terzo tempo, di Enrico Maria Artale, con Lorenzo Richelmy, Margherita Laterza, Stefano Cassetti, Tiziana Rocca, Edoardo Pesce, in uscita al cinema il 21 novembre. Al centro del film c'è il rugby, disciplina sportiva che diventa scuola di vita per i due protagonisti, e sfondo delle vicende degli altri personaggi. Per dare realismo e veridicità alle scene di allenamento e alle partite, Artale ha voluto con sé alcuni esperti del settore.
"L'aiuto regista è un ex giocatore professionista. Sapevo che con il suo supporto avrei potuto realizzare al meglio la coreografia delle scene e l'organizzazione delle riprese delle partite. Insieme abbiamo fatto un lungo casting tra le diverse squadre di Roma per scegliere i giocatori delle varie formazioni e con loro, prima di iniziare a girare, ci siamo dedicati subito agli allenamenti degli attori. Tra interpreti ed atleti si è creata un'ottima intesa e già dal primo ciak il clima di amicizia era palpabile".
Lorenzo Richelmy ha lavorato duramente sul suo personaggio sottoponendosi a pesanti allenamenti.
"Ho iniziato a giocare a rugby con largo anticipo rispetto alla data di inizio riprese: mi allenavo quattro volte alla settimana, e per quattro mesi (due per la preparazione e due per le riprese) mi sono svegliato ogni giorno alle 6:30 del mattino, ho bevuto tre uova crude e ho corso in media un'ora tutti i giorni. La prima volta che ho assistito ad un vero allenamento mi si è avvicinato un rugbista, alto quanto me ma quattro volte più grosso. Dopo avermi guardato con espressione scettica e aria sospettosa, mi ha chiesto: 'Sei tu il ragazzo che deve fare il film sul rugby?' Io ho annuito e a quel punto ha detto: 'Devi fare molta palestra'. Era chiaro che il film non sarebbe stato una passeggiata".
Il percorso che Samuel fa nel mondo del rugby è quello di un ragazzo che non ha minimamente idea del gioco e delle sue regole. Lo stesso tipo di approccio è stato usato dal regista per spiegare questo sport a chi magari non lo conosceva.
"Da un punto di vista stilistico ho scelto di svelare e raccontare questa disciplina così complessa e affascinante attraverso gli occhi del protagonista, in modo tale che la comprensione del rugby potesse andare di pari passo con lo sviluppo della storia. Ho voluto girare quattro diversi incontri. Il primo è visto da lontano, come se l'occhio fosse esterno ed estraneo a ciò che si svolgeva in campo. Il secondo match è vissuto invece dall'interno, il protagonista è catapultato dentro l'azione e subisce la parte violenta del gioco, dello scontro fisico, dei placcaggi spietati. Emerge chiaramente la scarsa conoscenza che lui ha delle regole fondamentali di gioco. Quando si arriva alla terza partita, viviamo la fase della progressiva presa di coscienza dei meccanismi, delle tecniche e delle dinamiche tra i giocatori. Il rugby diventa sempre più comprensibile, fino a quando, nella quarta partita, grazie anche all'uso del rallenti e della musica classica, ogni scena è talmente dilatata da rendere chiaro i diversi schemi di gioco e il significato sportivo ed etico del rugby".
Fondamentale nella storia è l'incontro tra Samuel e Flavia. "L'ingresso di Flavia nella vita del protagonista è la possibilità attraverso la quale può compiersi e completarsi il suo percorso umano" sottolinea Artale. "Se da un punto di vista fisico e sportivo è il rugby a sbloccare Samuel, la sua emotività e personalità subiscono un notevole cambiamento quando vengono toccate e stimolate da una persona sensibile come Flavia. Solo lei riesce a mettere a nudo alcuni aspetti del carattere del ragazzo che all'inizio del film erano assolutamente imprevedibili."
"Questo film tende al riconoscimento della dignità dell'uomo, proprio come nel terzo tempo" sostiene Lorenzo Richelmy:
"Ci induce a riflettere sul fatto che non importa chi siamo, da dove veniamo e cosa abbiamo fatto: ciò che conta è rispettarsi sempre e comunque, riconoscere nell'altro l'uomo, l'essere umano. Questo accade proprio nel terzo tempo del rugby, dove nonostante le botte durante la partita in campo, alla fine del match ci si guarda in faccia, ci si riconosce come uomini e ci si rispetta".
"Il rugby e la vita sono simili" sostiene Stefano Cassetti:
"Uno degli aspetti che mi hanno più colpito nella sceneggiatura è l'enfasi che viene data al concetto di squadra: c'è un solo giocatore che realizza la meta, a lui spetta tutta la gloria, ma la cosa più difficile è il lavoro (spesso nascosto e certamente meno visibile) compiuto insieme a tutti gli altri compagni. A differenza del calcio la palla ovale, per arrivare alla meta, deve andare sì avanti, ma i passaggi tra i giocatori devono essere fatti all'indietro: anche questa è una metafora della vita, perché a volte per fare dei passi in avanti bisogna farne alcuni indietro".
Secondo Margherita Laterza (Flavia nella pellicola) Il terzo tempo è "un film da vedere perché ha una grande onestà e sincerità nel presentare storie di persone che potremmo incontrare ovunque: non ci si limita a raccontare solo la concretezza delle loro vite, ma anche le loro aspirazioni e i loro ideali".
Sottolinea il regista Enrico Maria Artale:
"Ciò che il rugby evidenzia è la necessità di avere fiducia nella collettività, nel gioco di squadra. In questo sport, come nella società, bisogna saper pensare al proprio compito con la consapevolezza che nel frattempo anche gli altri stanno facendo il loro dovere, così che tutte le individualità confluiscano in un'idea comune. Gli inglesi insistono molto sul fatto che il rugby è una metafora dello stato, di un sistema fatto di molte persone che governano senza conoscere esattamente quali siano tutte le leggi del gioco ma facendo ognuno il proprio dovere".