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Ferro, la recensione del documentario su Tiziano Ferro
'Ferro' è il documentario di Amazon Prime Video dedicato a Tiziano Ferro, al suo viaggio nel mondo della musica ma soprattutto al percorso fatto per arrivare a quarant'anni e sorridere davanti lo specchio
di Erika Pomella / 10.11.2020 Voto: 8/10
Non me lo so spiegare… Ci sono tantissime parole, frasi e canzoni di Tiziano Ferro che negli ultimi anni hanno cooperato a creare una sorta di immaginario collettivo fatto di note e testi da cui a volte emergeva un dolore silenzioso e antico, che graffiava la melodia e la rendeva feroce. Non è certo un mistero il fatto che Tiziano Ferro sia uno dei cantanti italiani più famosi e più amati, tornato alla musica dopo circa tre anni di silenzio. E di questo ritorno alla musica, così come del potere salvifico che l'arte ha avuto nella sua vita, si parla in Ferro, documentario dedicato al cantante arrivato su Amazon Prime Video.
Un documentario che ripercorre sì la carriera di Tiziano Ferro – da xdono fino alle esibizioni a Sanremo 2020 – ma che soprattutto racconta l'uomo che si cela(va) dietro il cantante: l'anima fragile che non è mai stata in grado di fronteggiare i bulli, coloro che si cibavano della sua umiliazione quando non era altro che un ragazzo che solo nella musica trovava un modo per fuggire alla rabbia e alla frustrazione. Un uomo che è stato costretto a nascondersi anche quando non lo voleva: dietro un corpo magro e una bellezza che non ha mai sentito sua. E, soprattutto, il nascondiglio più feroce che il mondo dello spettacolo gli ha imposto: nascondere se stesso, la sua identità, i suoi sentimenti. Di quando gli chiesero di scegliere un'amica per fingere una relazione, per dare una foto ai paparazzi, un'immagine di eterosessualità per potersi vendere ancora un po', per vendere un altro pezzo della propria libertà e di quella serenità spezzata, che Tiziano Ferro cercò poi di mettere a tacere e curare con dosi sempre maggiori di alcol.
Ferro racconta la storia di un viaggio, di una "scelta coraggiosa" per usare le parole dello stesso cantautore: un viaggio iniziato dai 111 chili e arrivato ad ora, al sole della California e all'abbraccio di un uomo che ha saputo dire "non è da te" dando prova a Tiziano Ferro che c'era qualcuno che lo vedeva per quello che era, che lo amava esattamente come era, proprio per quello che era. Il ritratto che ne emerge è un documentario pieno di cuore e sincerità, un prodotto d'intrattenimento che non riesce a lasciare indifferente il pubblico e che lo spinge alla commozione. Al di là della vicinanza o meno al percorso umano del cantante, Tiziano Ferro si mostra davanti la macchina da presa senza alcun ostacolo, senza nessuna posa da grande divo. Ed è proprio quell'umanità a catturare l'attenzione e a rapire il cuore, facendo scivolare il minutaggio senza farne avvertire il peso, in un resoconto che è insieme favola e orrore.
A voler ben guardare Ferro più che un documentario assomiglia ad una confessione, ad uno sfogo necessario a Tiziano Ferro per dimostrare a se stesso che quel bambino che non aveva la forza per reagire, per difendersi o anche solo per credere in se stesso è diventato un uomo di quarant'anni che ha avuto la forza di inseguire il suo sogno senza mai rinunciare a se stesso, anche se questo ha significato dover affrontare l'inferno, prendere a pugni i propri demoni e rischiare di perdersi. Ma il punto è questo: a quaranta anni Tiziano Ferro ha dimostrato non solo che non si è perso, ma che soprattutto non aveva bisogno di ritrovarsi: perché sotto la paura, l'ansia e la fragilità ha sempre continuato a battere il suo grande cuore pieno di umanità e musica.