Sorry We Missed You
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Sorry We Missed You, recensione del film di Ken Loach


'Sorry we missed you', il nuovo ed illuminante film di denuncia di Ken Loach, è un pugno allo stomaco, e farà riconsiderare l'idea, ormai praticata da tutti, di acquistare prodotti on line. Cosa comporta che il nostro pacco venga consegnato al nostro domicilio puntuale?
Voto: 9/10

Attuale, anzi attualissimo il nuovo film di Ken Loach "Sorry we missed you", in uscita nelle sale italiane il 2 gennaio 2020.

Anche stavolta, tre anni dopo "Io, Daniel Blake" vincitore nel 2016 della Palma d'Oro al Festival di Cannes, il regista sceglie di raccontare al suo affezionato pubblico una piccola grande vicenda di denuncia sociale. E lo fa nel migliore dei modi, fotografando una realtà che ci tocca tutti da vicino.

Newcastle, provincia industriale nel nord est dell'Inghilterra; è questa la storia di una modesta famiglia proletaria che sta vivendo un delicato momento di difficoltà economica: a causa del crack finanziario del 2008 che ha comportato la perdita dei loro risparmi e mandato in frantumi il sogno di acquistare tramite mutuo una casa di proprietà, Ricky e sua moglie Abby sono costretti a fare i salti mortali per sopravvivere e mantenere dignitosamente i loro due figli adolescenti Seb e Liza Jane, che richiedono la loro presenza.

Ricky accetta un'opportunità lavorativa come corriere per conto di un importante ditta in franchising on line; Abby, invece, lavora come assistente domiciliare per un'agenzia che pratica tariffe molto basse. Pur essendo due strade lavorative differenti, i due sono costretti a lavorare anche fino a 14 ore al giorno e ad essere sempre reperibili. Il lavoro, pertanto, assorbe progressivamente e senza scampo la vita privata dei due coniugi, portandoli ad un inevitabile punto di rottura. Ricky non può permettersi di assentarsi dal suo precario lavoro, pena una salata penale e la perdita immediata del posto. Nessun motivo sembra essere abbastanza valido da giustificare un'assenza e una mancata consegna agli occhi del suo impietoso capo Maloney, neppure un figlio che si mette nei guai con la scuola e con la giustizia, oppure un brutto pestaggio o un incidente stradale schivato per un soffio. Vige incontrastata la logica della competitività aziendale selvaggia delle multinazionali che non consente ai suoi operai di respirare; ciò che conta è esclusivamente la produttività, ridurre i costi e ottimizzare i profitti; l'alternativa è la perdita del posto di lavoro e la sostituzione immediata. -"Devo lavorare, non ho altra scelta"- sentenzia rassegnato, durante il suo soffocante calvario lavorativo.

Anche Abby, che si prende cura con diligenza delle vecchiette che segue, non riesce ad occuparsi come vorrebbe della sua famiglia per mancanza di tempo, sentendosi, così, fortemente in colpa; il lavoro è divenuto tiranno incontrastato della vita familiare di questa umile famiglia di lavoratori che desidera solo guadagnare un reddito accettabile. Ma a che prezzo? L'affetto che ognuno prova per l'altro basteranno a salvare l'unione familiare e a non soccombere alla rabbia, alla frustrazione e alla disumanizzazione a cui porta inevitabilmente tale sistema lavorativo?

Impossibile restare indifferenti, dunque, e non empatizzare con i protagonisti durante e dopo la visione di questa dolorosa tragedia familiare dei giorni nostri. Soprattutto non può non far riflettere. Che processo si cela dietro il globale fenomeno degli acquisti on line? Che genere di vita conducono i fattorini che consegnano i pacchi comodamente a casa del cliente dopo essere stati acquistati con un semplice click su internet? è davvero un bene che la tecnologia permetta di rintracciare il corriere ovunque egli si trovi e che per consegnare gli acquisti da una parte all'altra della città con il suo furgone in modo che arrivino puntuali dal cliente, spesso si trovi a dover affrontare pericolosi imprevisti? A che prezzo funziona questo disumanizzante meccanismo competitivo d'avanguardia? Siamo sicuri che la tecnologia del codice a barre abbia migliorato il nostro stile di vita e che siamo noi a gestirla, oppure, senza esserne del tutto coscienti, funziona a discapito della pelle non di persone, ma di pedine sostituibili e intercambiabili? "La tecnologia è nuova, ma lo sfruttamento è vecchio come il mondo" afferma Loach.

Sono questi alcuni degli interrogativi che pone il regista con la sua pellicola, imperdibile e necessaria, ai suoi spettatori. Il tipico stile Loachiano, asciutto, senza abbellimenti superflui, mette in scena uno spaccato di realtà per quella che è; ciò permette l'immedesimazione. L'impeccabile realismo attoriale è, invece, dovuto a due motivi principali. Il primo, ossia che gli attori che sono stati scelti hanno realmente svolto in passato i lavori che interpretano; il secondo motivo è svelato dallo stesso Loach, che, parlando del suo metodo di lavoro sul set, ha rivelato di non mettere mai a conoscenza dell'intero copione i suoi attori prima del tempo, ma consegna loro le battute giorno per giorno, in modo tale che le reazioni e le interazioni tra loro siano il più possibile autentiche e che non ci sia bisogno necessariamente di ulteriori repliche, che snaturerebbero il processo attoriale. Per la riproduzione scenografica, per esempio dei depositi contenenti i pacchi in attesa di essere consegnati, il regista e i suoi collaboratori si sono avvalsi delle dritte del personale realmente del mestiere per riprodurre con massima cura le scene. Infine, la musica è ridotta all'osso, proprio perchè non sarebbe d'aiuto per rendere appieno la veridicità del dramma rappresentato.

Valutazione di Marica Miozzi: 9 su 10
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