La Terra dell’Abbastanza, un romanzo di formazione imperfetto e drammatico
Una pellicola che è un romanzo di formazione imperfetto e drammatico. Ambientata nella periferia romana, ma che potrebbe essere la periferia di una città qualsiasi. Umano, intelligente e sensibile; 'La Terra dell'Abbastanza racconta con efficacia come il caso si può tramutare in destino e le scorciatoie sbagliate possono essere fatali per due giovani vite.
di Marica Miozzi / 11.06.2018 Voto: 8/10
Due amici che si vogliono bene come fratelli. Manolo e Mirko chiacchierano nella loro panda sgangherata, raccontandosi sogni e aspirazioni per farcela in vista del loro futuro; quello concreto, quello che ti consente di guadagnare denaro e diventare indipendente, che è sempre più alle porte. "I giovani devono poter sognare" esclama Manolo, con un timido sorriso che rivela l'ingenuità tipica della prima giovinezza, quando ancora si sa molto poco di cosa aspettarsi dalla vita. E mai frase fu più sibillina. I due ne parlano prendendosi affettuosamente in giro, come sempre hanno fatto. Una notte brava come tante, insomma. Ma che cambierà per sempre le loro giovani vite. Sono le prime luci dell'alba, Mirko e Manolo sono sulla via di casa, quando accade l'irreparabile, senza che i due se ne accorgano. In preda al panico, decidono alla svelta di non assumersi la responsabilità del tragico accadimento che presto, dietro consiglio del papà di Manolo, assumerà addirittura le sembianze di un colpo di fortuna che consentirà ai due ragazzi -di svoltare in un minuto-come dice lo stesso Manolo. Passo dopo passo, i due si guadagneranno un ruolo di prim'ordine nella criminalità organizzata della zona, crudele e senza scrupoli, dai guadagni e dal grilletto facile, diventando anche molto richiesti come sicari provetti, vista la loro assuefazione al male e l'incoscienza che hanno nel perpetrarlo di volta in volta. Il ghiotto vortice del male li ha ormai inghiottiti e non lascerà ai due giovani alcuna via di scampo.
Uscito già da qualche giorno, "La Terra dell'Abbastanza", opera prima dei Fratelli D'Innocenzo, é un debutto sì, ma non del tutto casuale. Parecchio applauditi al Festival del Cinema di Berlino, i due giovani registi hanno alle spalle anni di gavetta in ambito teatrale e al contempo si sono nutriti e si nutrono tuttora di Passione per la Fotografia e per il Profondo. E ciò è rintracciabile nel loro film, che orchestra con bravura e efficacia una successione di intensi frames che confluiscono a creare una temperatura emotiva caratterizzata da pathos e partecipazione alle vicende drammatiche dei due protagonisti, che non hanno da perdere nulla, se non la loro giovinezza.
Non si tratta semplicemente dell'ennesima storia sulla periferia romana; no, qui c'è molto di più, è raccontato molto di più. è un film che trasuda romanità, ma che può essere una storia universale, rintracciabile in qualsiasi altra periferia di qualsiasi altra città.
Già con il titolo "La Terra dell'Abbastanza", volutamente poco decifrabile e sospeso, i registi puntano a lasciare la possibilità allo spettatore di attribuirgli il suo personale significato, ciò che egli vuole leggerci. E chissà cosa ci leggerà chi avrà la fortuna di vederlo. Se apprezzerà la bravura dei due talentuosi fratelli registi e del direttore della fotografia Paolo Carnera nell'aver saputo ben rendere il grigiore e la vuotezza, emotiva e visiva, di questa periferia di Roma Sud (precisamente si tratta di Tor di Nona) il cui skyline è intervallato solo dai suoi palazzoni variopinti, che richiamano le sfumature colorate tanto amate dal celebre Wes Anderson, uno delle maggiori fonti di ispirazione dei due giovani registi. Un pò una terra di mezzo quindi, questa terra dell'abbastanza, dove attorno c'è davvero molto poco, e chi vi abita non si accontenta di quel poco che ha, ma è costantemente alla ricerca di qualcosa di più, in qualsiasi modo e a qualsiasi costo. Chissà inoltre, se lo spettatore si lascerà coinvolgere dalle vicende dei due ragazzi, seguite passo passo dall'occhio intenso e impalpabile della telecamera a ritmo serrato, come una lente d'ingrandimento fa vedere, sentire e vivere in soggettiva, con gli occhi di Mirko per buona parte del film, conferendo così spessore psicologico ai protagonisti.
Non è mai del tutto facile perpetrare il male o eseguire gli ordini che vengono dall'alto, anche se ci si può fatalmente assuefare al male, e l'anima può risvegliarsi quando ormai è troppo tardi, proprio come è successo ai due ragazzi, senza punti di riferimento sicuri e sani su cui poter contare, anzi. Le figure genitoriali sono cruciali per Manolo e Mirko: il papà di Manolo infatti, (un intenso Max Tortora in un ruolo drammatico in cui non siamo abituati a vederlo), convinto ingenuamente di dare dei buoni consigli, li indirizzerà su una strada senza ritorno e una mamma, una convincente Milena Mancini, impotente di fronte la vita, che vorrebbe, ma non nè ha la forza nè la capacità, di dialogare o essere da guida per suo figlio Mirko, il promettente Matteo Olivetti, alla sua prima prova attoriale, che con quello sguardo azzurro incredibile sembra avere la stoffa di chi di film alle spalle ne ha già parecchi. L'altro protagonista, Manolo, è interpretato dal bravissimo Andrea Carpenzano, che abbiamo visto nel delizioso "Tutto ciò che vuoi", e che si è riconfermato assolutamente credibile anche cimentandosi in un ruolo drammatico. Da non dimenticare infine, Luca Zingaretti, che ha messo da parte momentanemente le vesti del Commissario Montalbano, per regalaci un apprezzabile cameo, stavolta dall'altra parte della barricata, cattivo tra i cattivi.
Mancano scene violente in questo film, non c'è traccia di sangue.. si riesce a far intuire la violenza senza mostrarla, da lontano, da luoghi differenti dalle scene del crimine, senza inutili spargimenti di sangue -la violenza è volgare, non va mostrata- dicono all'unisono i due registi, con il loro tipico senso del pudore e e della riservatezza con il quale si rivolgono al pubblico venuto in sala per fare la loro conoscenza.
Sicuramente non è un film facile "La Terra dell'Aabbastanza", e questo non ha reso semplice la sua distribuzione nelle sale cinematografiche, in più la stagione estiva è appena iniziata e poco si presta a incentivare il pubblico a stare al chiuso, anche in vista delle numerose arene cinematografiche all'aperto che pian piano si stanno riattivando nelle città. Ma è stata una scommessa dei produttori investire in questo gran bel film ben fatto, e, ne sono certa, entrerà nel sangue di chi va al cinema e lascerà il segno a lungo. Parola di chi ha avuto il piacere di vederlo.