

150 Milligrammi, Recensione
'150 Milligrammi' è un film preciso e a tratti eleganti, che alterna una certa rigidità scenica all'umanità della sua protagonista. L'unica pecca della pellicola, a conti fatti, è la lunghezza
di Erika Pomella / 27.01.2017 Voto: 7/10
Nel testo moderno del Giuramento di Ippocrate che i medici si impegnano a seguire appena riconosciuta loro la nomea di uomini dediti alla cura degli esseri umani si può leggere: "[giuro] di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale". Parole, queste, che Irène Frachon, protagonista di un'incredibile storia vere, ha cercato di mettere in atto con tutta se stessa quando, nell'ospedale dove lavora come pneumologa, scopre gli effetti tossici di un medicinale in vendita da trent'anni.
La donna – interpretata magistralmente da Sidse Babett Knudsen – nella località di provincia di Brest (da qui il titolo originale La fille de Brest) scoprendo i danni che il Mediator ha fatto a molti suoi pazienti, decide di denunciarne gli effetti alle alte sfere della Sanità, trovandosi così invischiata in una biblica guerra di potere: la casa farmaceutica con i suoi esperti da una parte, e questa sconosciuta dottoressa affiancata da un collega dalle buone intenzioni, ma dal poco coraggio (Benoit Magimel). Tuttavia Irène è una donna granitica, e non intende fermarsi, non intende abbandonare i pazienti che hanno fiducia in lei e che, di colpo, hanno paura di morire per un farmaco legalmente prescritto.
Adattando il brevissimo libro scritto dalla stessa Irène Frachon, Emmanuele Bercot dirige un film asciutto, che si libera quasi interamente di qualsiasi facile pietismo o ricatto emotivo. La regista racconta la sua storia con uno sguardo quasi troppo formale, rendendo con precisione ed esattezza la vita all'interno di un ospedale, dando allo spettatore anche scorci inquietanti di tutto ciò che vive nascosto agli occhi dei pazienti: tutto ciò che, un malato, non vorrebbe mai sapere. Dal trattamento del proprio corpo ai molti accordi che si fanno e che non sembrano avere come fine ultimo la salute dei pazienti. In questo senso 150 milligrammi funziona alla perfezione: il film riesce a trasmettere un senso di angoscia crescente, alla quale si alterna anche (e spesso) un nervosismo indignato davanti alla consapevolezza che le immagini sullo schermo rappresentano una storia vera: la storia di avidità, debolezze e codardie. Elegante nella fattura e riconoscente verso le doti dell'attrice protagonista (che, quasi da sola, riesce a reggere tutto il ritmo del film), 150 Milligrammi è un film preciso e a tratti eleganti, che alterna una certa rigidità scenica all'umanità della sua protagonista. L'unica pecca della pellicola, a conti fatti, è la lunghezza; verso il finale, infatti, la narrazione sembra farsi più pesante, con così tanti sottofinali che lo spettatore trova a guardare l'orologio un po' troppo spesso.