Good Kill
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Good Kill, recensione #2


Ethan Hawke in un convincente dramma bellico sui dilemmi morali di un pilota di droni
Voto: 7/10

Good Kill è un'espressione che, nel linguaggio militare, si utilizza quando il bersaglio di un'operazione è stato completamente ripulito, spazzato via. È quindi una frase che ricorre spesso durante il lavoro quotidiano dei protagonisti dell'omonimo film, scritto e diretto da Andrew Niccol.

Il Maggiore Tommy Egan (Ethan Hawke) è un pilota di caccia che, dopo diverse missioni sul campo, si trova a lavorare con gli aeromobili a pilotaggio remoto, comunemente noti come droni. Il cambiamento di vita si riflette pesantemente nel quotidiano di Tommy: passare da un'esistenza piena di rischi e adrenalina, lontano dalla propria famiglia, in situazioni spesso estreme, a una in cui si lavora comodamente seduti in una roulotte, a pochi chilometri da casa, potrebbe sembrare un vantaggio, privo di effetti collaterali, ma scopriremo presto che non è così.

I droni sono velivoli dall'impiego in costante aumento, e che sempre più spesso compaiono anche nei film: di recente alcuni documentari (The Spymasters o il norvegese Drone) ne hanno illustrato l'utilizzo in contesti di guerra; Good Kill è invece un'opera di fiction, sebbene ispirata a fatti reali, che è stata presentata per la prima volta alla Mostra del cinema di Venezia nel 2014, ma non ha poi trovato riscontro negli USA, forse per l'argomento troppo controverso.

Il film infatti vuole esplorare queste nuove forme di combattimento, riflettendo su una guerra combattuta a distanza, in Paesi sconosciuti, senza un'esperienza diretta sul campo, ma semplicemente premendo un pulsante, quasi si trattasse di un videogioco. Il classico tema della fedeltà alla propria nazione, da servire e proteggere con ogni mezzo, già comunemente presente in generale nell'ideologia a stelle e strisce, e in molti film bellici, qui viene affrontato mettendo in luce i dilemmi etici e morali che ciò comporta, specialmente quando è coinvolta anche la CIA.

Andrew Niccol torna a lavorare con Ethan Hawke, che aveva già diretto in Gattaca e successivamente Lord of war (altro titolo controverso, sull'industria delle armi); l'attore, noto per la sua scelta di ruoli difficili e non banali, qui offre un'interpretazione forte nei panni del pilota, affiancato da un cast di supporto in cui troviamo anche Bruce Greenwood e Zoe Kravitz.

La struttura spesso ripetitiva dell'azione drammatica può far sembrare Good Kill un film che stenta sempre a decollare del tutto, ma questo serve anche a rendere l'idea di un lavoro quasi monotono, meccanico, ma non privo di effetti collaterali: in fondo, quella che provano i personaggi, Tommy in primis, è semplicemente un'altra forma di stress post traumatico.

È interessante poi il lavoro fatto dal regista sugli spazi: il luogo quasi desertico da dove operano i militari, l'asettico cubicolo da cui si decidono le sorti di molte vite umane; le anonime villette a schiera e i comprensori presi di mira dai droni, osservati da vicino, seppur da lontano, come un Grande Fratello; infine, una Las Vegas come al solito capitale del vizio e del peccato, la città dove ogni casinò omaggia o rimanda ad una città, un Paese, una parte del mondo, tanto che, come nota uno dei personaggi, non c'è più bisogno di viaggiare per davvero (in fondo, lo stesso concetto dietro ai droni).

Nonostante qualche snodo più prevedibile e forzato, soprattutto nei rapporti interpersonali tra i personaggi, il film coinvolge, facendo arrivare forte e chiaro il suo messaggio; un filo di retorica è inevitabile, ma Good Kill possiede comunque una propria forza espressiva acuta ed efficace.

Valutazione di Matilde Capozio: 7 su 10
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