La luna su Torino
La luna su Torino

Recensione La luna su Torino


La Luna su Torino è una pellicola che non riesce a trovare il percorso adatto a raccontare una storia a metà strada tra la commedia e il dramma esistenziale, decidendo di soffermarsi piuttosto sull'uso eccessivo della voice over.
Voto: 6/10

Esiste un punto in cui l'emisfero Nord viene diviso in due parti uguali da un parallelo che corre inesorabile e che taglia la città di Torino; è il 45° Nord, una linea immaginaria che corre lungo l'emisfero e fa sembrare vicine – e dunque raggiungibili – persone lontane e sconosciute. E' su questa idea che si basa il nuovo film di Davide FerrarioLa Luna su Torino, pellicola presentata lo scorso Novembre al Festival Internazionale del Film di Roma.

Al centro della storia ci sono tre coinquilini che vivono in un equilibrio precario tra la persona che sono e quella che vorrebbero essere. C'è Maria (Manuela Parodi), ventiseienne che lavora in un'agenzia di viaggi, sognando avventure che non ha ancora mai vissuto e che è costretta a parlar bene di luoghi che non ha mai visto, né provato sulla propria pelle; c'è Ugo (Walter Leonardi), un quarantenne che nella vita sembra non aver altro scopo che riuscire a scalare il palavela. Infine c'è Dario (Eugenio Franceschini), un distratto studente di Lettere che passa il suo tempo lavorando al bioparco Zoom, mostrando un'incredibile affinità con gli animali.

Ferrario dirige un film esageratamente fiero della propria metafora; il quarantacinquesimo parallelo che taglia la città di Torino – e che verrà ripetuto fino allo sfinimento – diventa sin troppo facilmente metafora di tre persone in equilibrio precario, alla ricerca di una stabilità difficile da trovare. Tre anime che calpestano una città anch'essa divisa, tra la collina verdeggiante e gli angoli periferici fatti di lamine e acciaio vagamente arrugginito; tre anime che non sanno quello che vogliono. Ugo, che, in una specie di rilettura del Will di About a boy, ha ereditato casa e soldi dalla morte dei genitori comunisti (il regista insiste su questo elemento, senza però spiegarcene il motivo) è un sognatore infantile, un'anima un po' fuori dal mondo, che sembra non avere una piena consapevolezza della realtà. Tra filmati hentai di anime giapponesi e un'ossessione quasi maniacale per la cucina, Ugo non si preoccupa di niente, nemmeno dell'ipoteca che, di lì a qualche giorno, lo caccerà fuori di casa. Poi c'è Dario – probabilmente il personaggio più completo – che studia lettere a tempo perso, non essendo proprio convinto della strada accademica presa. Perchè il suo vero talento lo tira fuori soprattutto quando è al lavoro al bioparco, tra animali che sembrano non chiedergli niente. Capacità, questa, che non si rispecchia nell'atteggiamento che il ragazzo ha con la vita. Sciupafemmine di professione, Dario sembra però incapace di creare un rapporto stabile con un'altra persona. Infine c'è Maria, personaggio sottotono e a tratti fastidioso, che sogna di fare l'attrice ed è fissata con il cinema muto, che sembra non aspettare altro che un principe azzurro che arrivi ed entrando dalla porta le cambi la vita con lo schioccare della dita. E addio a un po' di sana indipendenza femminile; perchè Maria è il classico personaggio che sembra incapace di restare sola. E' una donna che insegue i fantasmi di ciò che vede alla tv o al cinema e che fa smorfie e artifizi per cercare di ottenere quello che pensa possa essere la sua realtà.

Il vero problema de La Luna su Torinooltre ad una sceneggiatura che ricorre un po' troppo spesso all'escamotage della voice over, è una certa ridondanza di termini e situazioni. E' come se il regista si guardasse allo specchio compiacendosi di se stesso, escludendo in parte il pubblico da qualsiasi forma di empatia che vada al di là della più mera superficialità. Il film sembra più che altro un semplice esercizio di stile che una storia da raccontare. A questo si aggiunge anche un'altalenanza goffa tra vari generi, come se la pellicola non sapesse bene a quale emisfero appartiene. Il sapore dolce amaro di certe situazioni e la comicità insita in altre inquadrature il più delle volte non riescono a coesistere, dando vita ad un'accozzaglia disordinata di spunti narrativi. Molto bella, tuttavia, la colonna sonora curata da Fabio Barovero che crea melodie a volte malinconiche e a volte quasi di scherno, cooperando alla costruzione di un universo diegetico che, pur con tutti i suoi molti difetti, riesce a farsi guardare senza troppa fatica.

Valutazione di Erika Pomella: 6 su 10
La luna su Torino
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