To the Wonder
To the Wonder di Terrence Malick con Rachel McAdams e Ben Affleck è più di una semplice storia, è un'opera che spazia dalla musica alla letteratura, dalla religione alla filosofia riflettendo l'approccio polifonico al cinema dell'autore.
di Matilde Capozio / 27.06.2013 Voto: 6/10
Terrence Malick è uno dei grandi registi americani, entrato nel mito per aver diretto pochi, premiatissimi, film ma non solo, anche per quell'aura di mistero che avvolge la sua persona, avendo scelto da anni di non presentarsi mai in pubblico, evitando qualsiasi tipo di attività promozionale per le sue opere.
Altrettanto leggendaria è diventata la lavorazione dei suoi film, tra periodi di riprese che si allungano a dismisura, talvolta anni di postproduzione e un montaggio che spesso stravolge o comunque modifica la trama, riducendo anche significativamente l'importanza di alcuni personaggi e la presenza sullo schermo di alcuni membri del cast.
Due anni dopo la Palma d'oro vinta per The tree of life, un insolitamente prolifico Malick ci ha già regalato la sua opera successiva, To the Wonder; presentata alla scorsa mostra del cinema di Venezia, la pellicola ha, come di consueto, diviso in due la critica.
Come sempre accade con i film di Malick, To the Wonder, scritto dallo stesso regista, è più di una semplice storia: definita come "un'esplorazione dell'amore nelle sue svariate forme", è un'opera che riflette l'approccio polifonico al cinema del suo autore, una visione che spazia dalla musica alla letteratura, dalla religione alla filosofia.
La poetica di Malick è evanescente, allusiva, fortemente ellittica, e infatti anche per questo film sarebbero rimaste sul pavimento della sala di montaggio molte scene, che vedevano protagonisti, fra l'altro, attori come Jessica Chastain, Rachel Weisz e altri ancora, completamente esclusi dal final cut.
Personaggi principali sono un uomo (Ben Affleck) e una donna (Olga Kurylenko) che vediamo, innamorati e felici, all'inizio della loro relazione, a Parigi, dove lei vive con una figlia, avuta da un matrimonio fallito; in seguito lui, americano, chiede alle due donne di trasferirsi con lui in Oklahoma, sua terra natale; quando la relazione naufraga, madre e figlia tornano a Parigi, mentre l'uomo inizia una relazione con un'amica di infanzia (Rachel McAdams); la coppia però poi si ricongiunge, sempre in un'alternanza di momenti di gioia e difficoltà.
Le storie d'amore in To the Wonder sono raccontate in maniera fluida, non lineare, come fossero ricordi che riemergono un po' alla volta alla memoria, con i personaggi colti in fugaci attimi, una volta felici, una volta malinconici o drammatici, negli alti e bassi di un rapporto. All'osservazione dell'amore terreno in tutte le sue fasi e forme, si contrappone la riflessione su un altro tipo di amore, quello spirituale, rappresentato dal prete di Javier Bardem: un uomo in preda ai dubbi sulla sua vocazione, anch'egli in conflitto con un impegno preso e di cui non si sente all'altezza, indeciso se e come portarlo avanti, con conseguente considerazione sul valore del perdono.
Si ascoltano complessivamente quattro lingue, inglese, francese, spagnolo e italiano (piccolo ruolo per la nostra Romina Mondello) in un film in cui ciò nonostante i dialoghi sono ridotti all'osso, con la ricorrente voice over della protagonista; grandissima importanza è data, come è abituale per il regista, alle immagini: il paesaggio diventa a tutti gli effetti un personaggio del film, i protagonisti spesso si stagliano contro uno sfondo, la natura, che riporta l'essere umano in prospettiva, un dettaglio all'interno di uno scenario più vasto e imponente. I grandi spazi dell'America rurale, la placida tranquillità dei sobborghi di provincia, la bellezza maestosa dei paesaggi della vecchia Europa: è su questi fondali che è scritto il film, oltre che sul volto e sul corpo della bella Olga Kurylenko, spesso inseguita dalla macchina da presa mentre corre , danza, salta, sia in mezzo a un immenso campo, sia in un asettico supermercato o in una camera da letto, riflettendo di volta in volta l'allegria, lo spaesamento, la nostalgia, la sensualità o la solitudine.
Il titolo "To the Wonder" fa riferimento al Mont St. Michel, isola sulle coste della Normandia conosciuta in Francia come la "meraviglia", wonder appunto, visitato dai protagonisti all'inizio della loro relazione; quel luogo, famoso in Francia per essere sede di un'abbazia abitata da monaci, è ancora una volta rappresentazione di qualcosa a metà fra il celeste e il terreno, nonché simbolo dell'apice di un amore, di quella meraviglia insita nei loro stati d'animo in quell'istante.
Certamente lo stile frammentato e i lunghi silenzi non lo rendono accessibile a tutti, compresi i molti che lo accusano di realizzare compiaciuti esercizi di stile, estetizzanti ma privi di contenuti, ma chi ama il cinema di Malick può abbandonarsi alle sue bellissime immagini, esaltate dalla luminosa fotografia di Emmanuel Lubezki e accompagnate da belle musiche (firmate da Hanan Townshend), immergendosi nel film come in un viaggio in cui riflettere sull'amore e le sue sfumature. In attesa dei prossimi lavori di Malick, che continua a cavalcare il suo periodo creativo con ben due film di prossima uscita, provvisoriamente intitolati Knight of cups e V.