Maternity Blues: la recensione
Recensione del film Maternity Blues (2011) diretto da Fabrizio Cattani e con protagonisti Andrea Osv
di Giorgia Tropiano / 26.04.2012 Voto: 8/10
Maternity Blues è l’opera seconda di Fabrizio Cattani, dopo Il rabdomante del 2007, entrambi con protagonista Andrea Osvart. Il film è stato presentato durante la scorsa edizione del Festival di Venezia, in concorso nella categoria Controcampo italiano, ricevendo ben 15 minuti di applausi dopo la proiezione. La sceneggiatura, scritta da Fabrizio Cattani e Grazia Verasani, è tratta dal testo teatrale From Medea della Verasani.
Il film racconta la storia di quattro donne diverse accumunate da una colpa comune: infanticidio. Sono rinchiuse in un ospedale psichiatrico giudiziario e cercano in tutti i modi, ognuna con risultati diversi, di andare avanti portandosi dietro una colpa che le logora interiormente, giorno dopo giorno. Dagli incontri fra queste donne nascono spesso delle amicizie e dei legami molto forti, confronti profondi e sofferti, sofferenze da condividere con chi può capirti realmente, chi può comprendere fino in fondo un terribile e imperdonabile gesto. Le donne sono Clara (Andrea Osvárt), la nuova arrivata, che deve affrontare l’incontro con il marito, pronto forse ad un perdono che lei non riesce ad accettare. Eloisa (Monica Barladeanu), passionale e diretta, a volte cinica e scontrosa, ma in fondo fin troppo fragile. Rina (Chiara Martegiani), incinta a sedici anni, non pronta a diventare madre, sola nel crescere una figlia che non ha ritenuto giusto tenere al mondo, dopo la sua nascita. Infine Vincenza (Marina Pennafina), molto religiosa ma logorata dal senso di colpa, anche e soprattutto nei confronti dei due figli ancora in vita che non rivedrà mai più.
Maternity Blues è sicuramente un film forte, che affronta una tematica importante e controversa, aperta a dibattiti e ad opinioni contrastanti su come giudicare un gesto come quello dell’infanticidio, uno dei peggiori atti che possa compiersi e che, a prescindere dal biasimo o meno nei confronti di queste donne, non può essere perdonato o giustificato in alcun modo, ma si può sicuramente riflettere e cercare di capire quali sono le cause che portano ad gesto così estremo, provando per una volta ad ascoltare il punto di vista delle madri assassine. Tutto ciò è quello che questa pellicola tenta di fare.
La depressione post partum è una malattia vera e propria che, secondo le statistiche, colpisce fino al 30% delle donne subito dopo il parto, si può manifestare con diverse entità e in questi casi gli studi psichiatrici dicono che l’amore per il figlio non è mai disgiunto dall’odio per lui, perché vive e si nutre del sacrificio della madre. Tutto ciò, purtroppo sempre più spesso, può sfociare nell’assassinio del bambino, che poi, proprio a causa del forte legame che lega madre e figlio fin dalla fase embrionale, è un po’ come se fosse un suicidio per le donne.
Maternity Blues non esprime alcun tipo di giudizio, né nel perdono né nella condanna totale; se mai una colpa è assegnata alla società che spesso sottovaluta quella che deve essere diagnosticata e curata come una malattia vera e propria, ma che quasi sempre è sottovalutata. È anche vero che è difficile non immedesimarsi nelle difficoltà, nel dolore e nelle sofferenze di queste donne, ma questo deve servire solo ad avvicinarsi ai loro problemi interiori a non ad assolverle da una colpa imperdonabile.