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La Ragazza di Stillwater (2021)
StillwaterUn operaio dell'industria petrolifera, interpretato da Damon, parte dall'Oklahoma alla volta di Marsiglia per visitare la figlia, finita in carcere per un delitto che sostiene di non aver commesso. Messo alla prova dalle barriere linguistiche, dalle differenze culturali e da un complesso sistema legale, Bill rende la battaglia per la libertà della figlia la propria missione. Durante questo percorso, sviluppa un'amicizia con una donna locale e la sua piccola bambina, che lo porterà ad allargare il proprio sguardo e a scoprire un nuovo e inatteso senso di empatia con il resto del mondo.
Bill Baker (Matt Damon) è un operaio delle piattaforme petrolifere senza lavoro, che trascina la propria vita in Oklahoma dopo anni inquinati dalle droghe e dall’abuso di alcool. Nella prospettiva di recuperare gli errori del passato, Bill si reca regolarmente a Marsiglia, in Francia, per portare visita alla figlia Allison (Abigail Breslin), condannata a scontare una sentenza di nove anni per l’omicidio della fidanzata Lena, un crimine per cui si proclama completamente innocente. Allison trova un nuovo elemento che potrebbe permetterla di riaprire il processo e spinge Bill a ricontattare l’avvocato. Ma quando l’avvocato minimizza il valore di queste prove, Bill prende le redini dell’indagine trasformandola nella sua missione personale volta a trovare il vero colpevole, un uomo a cui Allison ha dato il nome di Akim. Messo alla prova dalle barriere linguistiche e culturali, Bill è in affanno fino a quando non trova riparo in un’inattesa amicizia con l’attrice teatrale francese Virginie (Camille Cottin) e la sua piccola bambina Maya (Lilou Siauvaud). Mentre le strade di Marsiglia ospitano la sua ricerca del proverbiale ago nel pagliaio, Bill si trova in un contesto totalmente inatteso che lo avvicina ancora di più a Virginie e Maya. È un viaggio di scoperta interiore e liberazione da una vita che sembra costruita come un incastro difettoso. Fino a quando il suo bisogno di dimostrare l’innocenza della figlia va in conflitto con gli impegni presi con Virginie e Maya. Bill è solo con alcune scelte difficili che mettono in discussione la sua nuova vita e la sua ultima opportunità di redenzione.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: giovedì 9 Settembre 2021Uscita in Italia: 9 Settembre 2021 al Cinema
Data di Uscita USA: venerdì 30 Luglio 2021
Prima Uscita: 30/07/2021 (USA)
Genere: Crimine, Drammatico, Thriller
Nazione: USA - 2021
Durata: 138 minuti
Formato: Colore
Produzione: Slow Pony/Anonymous Content
Distribuzione: Universal Pictures
Note:
Presentato al Festival di Cannes 2021.
In HomeVideo: in DVD da giovedì 13 Gennaio 2022 [scopri DVD e Blu-ray]
Cast e personaggi
Regia: Tom McCarthySceneggiatura: Tom McCarthy, Marcus Hinchey, Thomas Bidegain, Noé Debré
Fotografia: Masanobu Takayanagi
Scenografia: Philip Messina
Montaggio: Tom McArdle
Costumi: Karen Muller-Serreau
Cast Artistico e Ruoli:
Produttori:
Steve Golin (Produttore), Tom McCarhy (Produttore), Jonathan King (Produttore), Liza Chasin (Produttore), Jeff Skoll (Produttore esecutivo), David Linde (Produttore esecutivo), Robert Kessel (Produttore esecutivo), Mari Jo Winkler-Ioffreda (Produttore esecutivo), Melissa Wells (Coproduttore)
Recensioni redazione
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Immagini
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
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NOTE DEL REGISTA, Tom McCarthy
Ho iniziato a lavorare a La Ragazza di Stillwater circa dieci anni fa. Ero intenzionato a realizzare un thriller da ambientare in una città portuale europea. Ero stato ispirato da molti autori noir dell’area mediterranea, come Andrea Camilleri, Massimo Carlotto e Jean-Claude Izzo, la cui splendida trilogia di Fabio Montale mi ha condotto nella città francese. Mi è bastata una visita a Marsiglia e ho capito di aver trovato la mia ambientazione. Strati e dimensioni della città la rendono innegabilmente cinematografica, e la confluenza di varie culture in un contesto da luogo di mare la rendono ideale come tela in cui ambientare una storia. Solo al termine della prima versione della sceneggiatura, ho compreso che non si trattava del film che volevo realizzare. Mancavano alcuni livelli, l’elemento umano e un punto di vista, tutti aspetti fondamentali che mi avevano avvicinato al noir di stampo mediterraneo. Tutti questi romanzi sono arricchiti dalla vita che anima e dialoga con il crimine, anche al di là del genere. Era mia intenzione riuscire a ottenere lo stesso risultato, a ogni costo. Ho lasciato la sceneggiatura per poi riprenderla circa sette anni dopo, quando ho avuto occasione di leggerla con occhi nuovi. Mi piaceva l’ambientazione, molto, ma le mie preoccupazioni del passato rimanevano. Così ho contattato una coppia di sceneggiatori francesi, Thomas Bidegain e Noé Debré, a cui ho spedito una bozza. Abbiamo avuto una videoconferenza molto particolare, durante la quale mi hanno presentato con grande delicatezza alcuni passaggi per loro fondamentali nell’approccio alla scrittura. Poche settimane dopo sono volato a Parigi e ho passato qualche giorno chiuso in una stanza insieme a loro, ripensando il film con un nuovo processo creativo che da quel momento ci ha impegnato per diciotto mesi.
Ovviamente, da quel momento, tutto è cambiato nel mondo. L’amministrazione Trump era in carica e a molti Americani, come a tanti amici in giro per il mondo, è apparso che l’America avesse perso il proprio equilibrio. Un paese che ha sempre aspirato a essere un punto di riferimento in termini di giustizia, uguaglianza e libertà stava smantellando le proprie fondamenta, con tutto il mondo ad assistere attonito. La guida morale praticamente a brandelli con un messaggio unico espresso, “America First”, capace di sviluppare una mentalità che è entrata nelle teste di gran parte della popolazione. In parte è sembrata essere una reazione a decenni di declino dell’America rurale e la naturale richiesta d’aiuto dopo essere stati per anni inascoltati dal governo e dalle elite finanziarie. La sociologa Arlie Russell Hochschild ha brillantemente raccontato il contesto in un libro eccezionale dal titolo “Strangers in Their Own Land”. Questo volume mi ha permesso di costruire gran parte della personalità di Bill e allo stesso tempo mi ha permesso di sviluppare il punto di vista di cui avevo bisogno. Era arrivato il momento di girare La Ragazza di Stillwater.
Dalla scrittura alla produzione, La Ragazza di Stillwater è stata una collaborazione non solo fra talenti ma anche fra culture cinematografiche. Sono stato costantemente messo alla prova nel mettere in discussione il mio approccio e le mie motivazioni, cercando di apprendere lo stile autoriale francese. Non ho rinunciato a coinvolgere alcuni elementi chiave del mio passato come il direttore della fotografia Masanobu Takayanagi, lo scenografo Phil Messina e l’aiuto regia Walter Gasparovic, ma posso serenamente affermare che il 90% della squadra è stato di provenienza francese.
Vivere e girare a Marsiglia ha avuto un impatto straordinario sul film. Non abbiamo passato neanche un giorno in un teatro di posa. Ho percepito come tutti riuscissero a entrare ogni giorno di più nei meandri della città e questo rapporto è diventato simbiotico e ci ha permesso di cogliere l’identità più profonda di Marsiglia. Dagli straordinari Calanchi all’imponente Velodrome, fino alla vecchia prigione a Les Baumetts, non credo che sia stata giornata di lavoro o location che non ci abbia ispirato.
Parlando in termini fotografici, il mio DOP Masa Takayanagi ha stabilito di voler iniziare il film in Oklahoma con lenti anamorfiche, scelte per amplificare la solitudine e l’isolamento di Bill, limitando il più possibile la profondità di campo. La macchina da presa era statica, radicata a terra.
Quando Bill scende dall’aereo a Marsiglia, la macchina da presa comincia a muoversi, ad essere più spontanea, anche sporca nei movimenti, quasi a replicare molto dell’identità della città.
Al termine, quando ritorniamo in Oklahoma, abbiamo riportato con noi le lenti che avevamo usato, come se Bill avesse portato qualcosa con sé da questa esperienza. Solo la macchina da presa è tornata a essere ferma, una volta ancora, dimostrando che l’Oklahoma non è cambiato, sono solo Bill e Allison ad esserlo. Abbiamo girato l’ultima scena del film a mano per cercare di catturare il senso di intimità e immediatezza e approfondire così la connessione emotiva con Marsiglia, una città di cui non si potranno più liberare.
L’ultima nota è per riconoscere l’importanza che ha avuto Matt Damon per la realizzazione di questo film. L’intero cast è stato straordinario, da Camille Cottin ad Abigail Breslin, oltre alla nostra arma segreta, Lilou Siauvaud. Ma è l’interpretazione di Matt a essere l’ancora di tutto il film. Sono pochi gli attori in grado di mettersi completamente in gioco e contemporaneamente dissolversi nel ruolo. Una volta che Matt ha preso il ruolo, ho capito ancora meglio le complessità e le ambiguità di Bill. Questo film non avrebbe funzionato con un altro attore.
La Ragazza di Stillwater è un film che parla all’America e al suo ruolo nel mondo. Affronta il nostro imperativo morale e la percezione che ne abbiamo. È una storia di liberazione che si mischia alla vergogna e alla colpa, capace di tenerci legati a un posto. È un film che ci indica la nostra necessità di essere amati e desiderati. Ed è un film che non ero pronto a girare fino ad oggi.
BENVENUTI A STILLWATER
Il regista e autore Tom McCarthy è una delle tante persone a essere rimasti affascinati e colpiti dai dettagli del caso Amanda Knox, una studentessa americana che nel 2007 viveva a Perugia, in Italia, e fu arrestata incriminata dell’omicidio della sua coinquilina. Il processo, in primo grado, l’ha vista condannata a 26 anni di carcere, ma la ragazza non ha mai smesso di sostenere la propria innocenza. Il regista, già apprezzato dal grande pubblico per film delicati e molto incentrati sui personaggi, come The Station Agent del 2003, L’Ospite Inatteso – The Visitor del 2007, la scrittura della sceneggiatura del cartone animato Pixar nominato per il Premio Oscar Up con Bob Peterson e Pete Doctor, e la pellicola drammatica del 2011 Mosse Vincenti – Win Win, ha da sempre mostrato il proprio interesse nel poggiare lo sguardo sulle complessità umane, soprattutto in tragedie piene di clamore. Combinando questo caso con la passione letteraria per il noir mediterraneo, ha coinvolto lo sceneggiatore Marcus Hinchey e ha iniziato a scrivere un testo originale ambientato a Marsiglia.
Non soddisfatto delle prime versioni, McCarthy ha lasciato il progetto per concentrarsi su nuovi obiettivi, inclusa la scrittura e la regia del film premiato come Miglior Film agli Oscar, Il Caso Spotlight, opera del 2015 sull’inchiesta condotta dal Boston Globe e vincitrice del Premio Pulitzer sui tentativi sistemici della Chiesa Cattolica di coprire gli abusi sessuali su bambini da parte di alcuni preti.
Quando poi McCarthy ha avuto nuovamente l’occasione di rileggere il soggetto scritto, ha avuto la sensazione di poter ancora realizzare un film avvincente, forse più del passato viste le tante cose cambiate a livello mondiale. Non ci avevo pensato per almeno sette o otto anni” racconta” McCarthy. “C’erano delle premesse forti, ma non funzionava. Anche a livello politico, era stata scritta durante la presidenza Obama, mentre mi ci sono riavvicinato all’alba della presidenza Trump, quando il paese stava iniziando a vivere tanti stravolgimenti memorabili. Rileggere l’idea in una nuova prospettiva è stato molto importante e mi ha fornito nuova ispirazione per riprenderla in mano.”
McCarthy aveva già scelto Marsiglia in base alle precedenti ricerche e si era innamorato della sua anima mediterranea. “È una città portuale,” spiega McCarthy. “C’è la Spagna, l’Africa, il Medio Oriente, l’Italia. Trovi di tutto, è un crogiuolo di culture. E la gente da secoli arriva in quel porto. Lo puoi percepire questo scambio di persone, di idee, di prodotti. È molto diversa da Parigi, città che peraltro adoro. L’energia e le vibrazioni di Marsiglia sono uniche: le persone sono così incredibilmente aperte, calorose. Sono come i newyorchesi per certi versi, i miei concittadini. Non hanno pudore a farti sapere come la pensano e lo fanno solitamente con un certo livello di ironia.”
Con la consapevolezza di dover riprendere in mano la sceneggiatura, il regista si è convinto di dover coinvolgere un autore francese che potesse portare in dote la conoscenza della cultura nazionale, dei suoi costumi, del suo spirito. McCarthy si è rivolto a Thomas Bidegain, che nel suo curriculum presenta lavori come Il Profeta e Un Sapore di Ruggine e Ossa, entrambi diretti dall’autore francese Jacques Audiard, e al suo partner di scrittura Noé Debré, che aveva partecipato alla stesura della pellicola del 2015 sempre di Audiard, vincitrice della Palma d’Oro, Dheepan – Una Nuova Vita. McCarthy è volato a Parigi, dove ha passato una settimana insieme a Bidegain e Debré a parlare di come avrebbero potuto ripensare la storia. Con una visione condivisa alla base, hanno iniziato a lavorare a una nuova sceneggiatura che avrebbe dovuto intrecciare generi, linee narrative e piani temporali per poi chiudere con un tono e una struttura originali.
Con la sceneggiatura messa a punto, McCarthy ha cominciato la ricerca di partner produttivi. Gli è venuto in mente Steve Golin di Anonymous Content, con cui aveva lavorato per Il Caso Spotlight. Golin ha immediatamente accettato di salire a bordo e ha contribuito alla costruzione del progetto. Così si è arrivati al passaggio fondamentale di dover trovare l’attore giusto per il ruolo da protagonista: per tutti l’attore vincitore del Premio Oscar Matt Damon sembrava la scelta più ovvia.
“Mi sono seduto con Thomas e Noe dopo la chiusura della prima stesura, e abbiamo convenuto che c’era qualcosa di unico in questa storia e nel suo eroe Americano,” ricorda McCarthy. “Bill Baker si presenta a Marsiglia e in qualche modo cerca di comportarsi come il classico eroe Americano che ci aspettiamo, ma ormai viviamo in un’America completamente diversa e non sto parlando esclusivamente dell’aspetto politico. Un aspetto che abbiamo sviscerato durante le nostre conversazioni è proprio il tema dell’autorità morale. Siamo una nazione che improvvisamente si è trovata a essere guidata dalla mentalità “America First”. Il nostro imperativo morale si è improvvisamente ridotto a cercare cosa fosse meglio per noi. E basta. Sono così emerse le domande su quale sia la visione del nostro paese, per cosa è disposto a sacrificarsi, a quale prezzo. Tutto ha imbevuto il nostro personaggio e per raccontarlo poteva essere solo Matt, capace di raccogliere tutti questi interrogativi in maniera autentica e attraente.”
Damon si è da subito appassionato al ruolo. “Volevo lavorare con Tom”, spiega. “Adoro ogni suo film e la sceneggiatura era in linea con il suo stile. Ho trovato questa storia splendida e a suo modo unica, ideale per un film che non si fa troppo spesso. La combinazione dei tre sceneggiatori ha poi permesso all’opera una sensibilità straordinaria, che lo fa sembrare un film europeo, anche se poi rimane fortemente saldo alla cultura cinematografica americana. Non è semplice trovare film del genere.”
Una volta che Damon ha accettato di interpretare Bill, LA RAGAZZA DI STILLWATER è entrato nella fase produttiva. Poi è arrivata la tragedia della morte di Golin per un cancro. “Ho ricevuto una telefonata ed è stato devastante,” spiega McCarthy. “Non potevo veramente crederci.”
Nonostante il lutto per la morte di Golin, Anonymous Content e McCarthy hanno deciso di portare avanti il progetto in suo onore e impostare la ricerca di produttore che potessero condurlo fino all’uscita in sala. Liza Chasin ha un importante curriculum di titoli del calibro di L’Ora Più Buia – Darkest Hour, La Teoria del Tutto – The Theory of Everything ed Espiazione – Atonement, e aveva recentemente lavorato con McCarthy sulla sua serie per Showtime The Loudest Voice, che racconta ascesa e caduta del vecchio boss di Fox News, Roger Ailes. “È dotata di un’intelligenza che impressiona,” spiega McCarthy. “È una persona affidabile, concreta e brillante.”
“Ho letto la sceneggiatura e sono rimasta colpita dalla sua intensità,” spiega Chasin. “È emozionante, a tratti straziante e certamente originale. Tom è un maestro e ogni parola della sceneggiatura ha un significato profondo per lui.”
Il regista si è anche rivolto a Jonathan King, che in quel momento lavorava ancora da Participant, che aveva supportato McCarthy per L’Ospite Inatteso – The Visitor e Il Caso Spotlight – Spotlight con una lunga esperienza nella produzione di lungometraggi complessi e di gran livello. “Ha un gusto eccezionale e un fiuto unico per le storie,” sono le parole dell’autore per descrivere King. “Lo considero un amico e qualcuno che rispetto enormemente, per cui mi è apparsa una scelta molto semplice. Sapevo che Jonathan e Liza sarebbero salpati a bordo e così è stato. Mi è apparsa la cosa più naturale.”
Prosegue King: “Ho lavorato con Tom su diversi progetti e la sua caratteristica che ho sempre apprezzato è la curiosità nei confronti del mondo. Nel suo passato è cresciuto in New Jersey ed è andato a scuola fra Boston e Chicago, ma è così curioso del mondo e della gente che lo circonda. Il suo approccio alla regia combina curiosità e interesse verso la gente. È profondamente interessato agli altri e si preoccupa di come sarà in grado di rappresentare le loro storie.”
“Steve Golin è stata la nostra guida e la nostra luce,” aggiunge Chasin. “Prima di morire, questo era un progetto incredibilmente importante per lui. Nella decisione di entrare in corsa e assumere il ruolo di una persona come Steve, una sfida di fatto impossibile, Jonathan ha detto una cosa che mi è sembrata assolutamente perfetta. Ognuno di noi avrebbe potuto prenderci una parte delle responsabilità, e così è stato.”
LA COMPOSIZIONE DEL CAST
Anche quando McCarthy ha iniziato a prendere in considerazione altri attori per i ruoli chiave del film, non ha mai smesso di lavorare al fianco di Damon per modellare il personaggio di Bill Baker che stava per interpretare. I due hanno fatto un viaggio in Oklahoma per tre giorni, “sedendosi con gente locale a cercare di raccogliere ogni dettaglio necessario a conferire realismo al protagonista,” racconta McCarthy. Aggiunge anche Damon: “Siamo stati molto fortunati ad avere accesso a questa opportunità. Le persone che abbiamo incontrato sono state molto oneste con noi durante il corso della ricerca. Tom ha raccolto molte storie che hanno poi segnato il passato da cui emerge Bill.”
Per Damon, questa esperienza di ricerca è stata di grande valore per permettergli di entrare nel personaggio. “Quando passi del tempo con questa gente, capisci meglio il loro sguardo e noti una certa sensibilità che non ti aspettavi,” spiega l’attore. “Alcuni di loro hanno storie passate che sono piene di sbagli di cui si sono pentiti. Se cresci in un posto del genere rischi di ritrovarti molto giovane a guadagnare i tuoi primi soldi. A quel punto ti comporti, nel tuo piccolo, come una rock star e ne vivi la stessa traiettoria. Alcuni di loro vivono immediatamente tutto al massimo e sperperano quel poco denaro che guadagnano, inconsapevoli del rischio di danneggiare i rapporti che hanno con le persone più care. Il quadro ci permette di inserire la vicenda di Bill Baker che ha evidentemente un passato fatto di tanti errori commessi come padre. Ora è arrivato a un passaggio della propria vita in cui sta cercando di ricomporre i pezzi e ritrovare un legame con la figlia. Si porta addosso un grande senso di colpa e di vergogna per i suoi comportamenti passati.”
Quando il film inizia, Bill sta lavorando in un cantiere che ha subito i danni di un tornado. Vive da solo in una casa modesta e sembra il classico tipo che prende la cena al fast food per poi addormentarsi davanti alla televisione: non esattamente il modello di viaggiatore internazionale. Eppure, dopo aver fatto visita alla suocera, Sharon (Deanna Dunagan) – che ha cresciuto la figlia Allison dai suoi quattro anni dopo il suicidio commesso dalla madre – Bill lascia Stillwater, in Oklahoma, alla volta di Marsiglia, in Francia.
Anche se il paese in cui arriva gli è assolutamente straniero, compie questo viaggio nella speranza di riconnettersi con Allison, che sta scontando una sentenza di nove anni di prigione per l’omicidio della sua compagna di stanza, Lena. Trattandosi di un rapporto con risvolti sentimentali, il caso ha facilmente catturato l’attenzione dei giornali che lo hanno sfruttato pubblicando dettagli scabrosi. Alcuni giornalisti hanno definito l’omicidio come un crimine passionale, la storia di una studentessa americana guidata dalla gelosia fino al punto di decidere di uccidere la propria compagna, una giovane donna araba. Nessuno dimenticherà mai il suo nome, Allison Baker.
Nella sceneggiatura, McCarthy e i suoi collaboratori hanno descritto Allison come qualcuno che ha provato a tenere a distanza un modo di vedere il mondo e si è trasferita a Marsiglia grazie a un programma di scambio di studenti dell’Oklahoma State University quasi solo per essere coinvolta in scandali e tragedie. Il ruolo è stato assegnato ad Abigail Breslin, nominata come Miglior Attrice Non Protagonista al Premio Oscar per l’interpretazione fornita nel film indie del 2006 Little Miss Sunshine.
“L’ho incontrata due giorni dopo le mie ricerche in Oklahoma,” racconta McCarthy. “A un barbecue con un gruppo di persone incontrate per caso, avevo conosciuto una ragazza che stava andando all’Università dell’Oklahoma, e ricordo perfettamente di aver pensato che potesse essere Allison. Poi, due giorni dopo, durante l’audizione vedo Abigail entrare nella stanza e mi sono reso conto che lei avrebbe potuto far parte di quella serata senza alcun disagio.”
Breslin confessa che sono stati i tanti livelli del film a catturare il suo interesse. “È un’idea assolutamente originale di seguire le vicende di un uomo che parte dall’Oklahoma per andare a tirare fuori la figlia finita in prigione a Marsiglia,” prosegue Breslin. “Ho apprezzato il fatto che la scrittura non avesse alcuna forzatura. Quando leggi la sceneggiatura tutto appare molto reale. Da attrice, posso dire che è un sogno poter lavorare così. Anche se Allison si trova in una posizione molto particolare, quasi unica, riesce a esprimere sentimenti ed emozioni molto veritiere.”
Per essere certa di fare giustizia al suo personaggio, Breslin ha lavorato nella ricerca di vite di persone incarcerate accusate per errore. “Credo che tutti possano credere nel dolore di una persona che è rimasta incastrata in circostanze simili,” racconta Breslin. “Ho lavorato molto per approfondire la questione dell’isolamento in prigione perché all’inizio non riuscivo neanche a figurarmelo.”
Allison deve anche affrontare una relazione molto difficile con il padre, che è stato a lungo assente nella sua vita, soprattutto dopo la morte della madre. “Durante il suo percorso di crescita, lui non è mai stato in grado di starle accanto, anche per il suo problema di alcol,” chiarisce Breslin. “Lui ha sviluppato un profondo sentimento religioso, mentre lei è uno spirito libero. Semplicemente non è stato un buon padre, ma è convinto di poter riconciliarsi in qualche modo, anche se rischia solo di aumentare la frustrazione di entrambi. Allison non si fida di lui, dando ai loro incontri di visita un senso di disagio e tensione, a testimonianza dei tanti problemi pregressi.”
Quando Allison consegna al padre una lettera da passare agli avvocati, Bill individua un’opportunità per dimostrare il proprio amore. Allison si augura che il caso possa essere riaperto dopo che un incidente porta alla luce la presenza di un uomo che corrisponde alla descrizione fatta alla polizia. Quando il legale minimizza il valore di questi elementi, Bill sceglie comunque di portare avanti un’indagine solitaria, senza raccontarlo alla figlia.
“Bill non può rivelare l’informazione alla figlia perché ripone grandi speranze in questo nuovo indizio,” racconta Damon. “Quindi, stabilisce di farsi carico di battere la pista e portare avanti l’indagine, anche se sembra chiaro anche a lui che le speranze sono minime. Non sa nulla di Marsiglia, non capisce cosa succede attorno a lui, non può fare domande in giro non parlando il francese. Ma la sua forza di volontà risiede nella piena convinzione che la figlia sia innocente. Non può mollare perché vive ancora il peso e il senso di colpa di averla lasciata sola durante tutti gli anni dell’infanzia. Muore dalla voglia di riuscire a risolvere questa situazione per riguadagnare la sua fiducia e ottenere un perdono.”
Allo stato dei fatti, Bill è l’unica persona che ancora può aiutare Allison. Anche se la nonna è sempre stata al suo fianco e le ha offerto il suo amore incondizionato, non è più fisicamente in grado di spostarsi in Francia. “Bill non è la persona che avrebbe scelto per avere aiuto,” spiega Breslin. “Ma si rende conto che il padre sta facendo tutto il possibile per cancellare il passato. Lei apprezza queste novità, ma è molto cauta e sospettosa. Io sono convinta che lui sente il disperato bisogno di provare il proprio amore verso la figlia. Vuole dimostrare di essere in grado di fare qualcosa senza mandare tutto all’aria.”
Ma non è chiaramente facile per una persona che non parla la lingua e ignora totalmente la cultura locale. Fortunatamente, trova un’alleata inattesa in Virginie, un’attrice che vive in città con la piccola figlia di otto anni, Maya. McCarthy ha scelto l’interprete parigina, Camille Cottin, conosciuta dal grande pubblico per il suo successo con la serie Chiama Il Mio Agente – Call My Agent! nei panni di Andréa. Cottin ha ottenuto un grande riscontro di critica anche per il ruolo di principale antagonista nella terza stagione della pluripremiata serie Killing Eve.
Interpretare una madre capace di crescere da sola la figlia senza trascurare la propria carriera da attrice ha da subito affascinato Cottin. “Virginie non sta sacrificando le proprie ambizioni per la maternità,”sono le parole di Cottin. “È una donna solida, si gestisce da sola e sa cosa vuole. Mi piacciono i valori che rappresenta. Questo film parla di ruoli materni e paterni, ma allo stesso tempo, puoi percepire un’apertura verso il resto del mondo.”
Anche se il primo incontro fra Bill e Virginie, in un modesto hotel dove entrambi alloggiano, è più che altro uno scontro, lei riesce a dimostrare una profonda gentilezza e accetta di tradurre per Bill qualche domanda da fare a ragazze coinvolte marginalmente nel caso della figlia. “La prima volta Bill vede Virginie fumare erba sul balcone con un’amica,” spiega Cottin. “Lui le chiede di abbassare la musica e lei risponde in maniera stizzita. Il giorno dopo, Bill incontra Maya da sola in albergo e rimasta fuori dalla porta e la aiuta. Quindi Virginie bussa alla porta e porge le proprie scuse. Si percepisce che sta tentando di giustificare i propri comportamenti e dimostrare di non essere una cattiva madre. È vero, hai trovato mia figlia girare da sola per il corridoio dell’albergo, ma ero in ritardo perché avevo avuto un problema con l’appartamento dove andremo a vivere e sono l’unica persona che se ne può prendere cura.”
Nonostante enormi differenze culturali e politiche, il cuore di Bill, già aperto nella battaglia per la figlia Allison, trova posto anche per Virginie e la piccola Maya, una ragazzina sveglia che adora immediatamente il nuovo amico Americano. “Credo che a smuovere Virginie, madre single con un ex irresponsabile, è l’opportunità di iniziare un’amicizia con un uomo che sta provando a ricostruire il proprio rapporto con la figlia per diventare il padre che avrebbe voluto essere. Una storia che la colpisce dritto al cuore” Anche Damon parla del rapporto fra Bill e Virginie. “Non è la classica relazione di stampo hollywoodiano che lascia senza fiato. È molto realistica, costruita giorno dopo giorno fra persone che sono rimaste devastate da esperienze passate ma si meritano un po’ di amore. Sembra una relazione molto matura.”
Senza dubbio, il forte rapporto che si instaura fra Bill e Maya li avvicina ancora di più. “Per certi versi, non è Virginie a scegliere Bill,” si esprime Cottin. “È Maya che lo sceglie.”
La scelta di un attrice bambina che potesse tenere la scena al fianco di Damon e Cottin ha richiesto una lunga ricerca, con il regista impegnato in provini tanto con professionisti che non per il ruolo di Maya. “Quando lavori con i bambini, cerchi un’attitudine,” rivela McCarthy. “Non cerchi esclusivamente bravi bambini, ma anche talenti che sappiano crescere scena dopo scena.”
Alla fine, Maya è stata identificata in Lilou Siauvaud, proprio a Marsiglia ed ha così fatto il suo debutto sullo schermo in La Ragazza di Stillwater – Stillwater. “Non aveva mai recitato nella propria vita,” spiega McCarthy. “Ho letto insieme a lei e l’ho trovato immediatamente molto interessante. Ho iniziato a darle piccole indicazioni e ha recepito immediatamente. Ho continuato a darle ancora altri input e ho visto che si stava trasformando in un’attrice.”
Siauvaud non aveva esattamente programmato di intraprendere una carriera d’attrice. Ha ottenuto il ruolo praticamente grazie alle coincidenze. “È stata la mia insegnante di danza a registrarmi per il provino, ma mia madre non credeva assolutamente che potesse succedere,” confessa Siauvaud. “Ho dovuto sostenere molte audizioni, ma alla fine mi hanno detto che avevo preso il ruolo. Ero molto felice, ma anche preoccupata. Per fortuna ho avuto molte persone al mio fianco che mi hanno permesso di dare il meglio.”
Damon, ad esempio, racconta di essere rimasto impressionato dal talento naturale della sua co-protagonista. “Lilou è Meryl Streep a otto anni,” afferma. “In qualche modo si è dimostrata capace di non interpretare le scene in un’unica maniera, che è un obiettivo che prende anni per molti attori. È vitale e ha saputo trovare una chiave per ogni momento del film.”
Con il crescere del film, la storia si trasforma in un intrigante cocktail di dramma, romanticismo appena accennato, e thriller, con il rapporto fra Bill, Virginie e Maya che diventa sempre più profondo, pur non abbandonando mai il proprio impegno verso la figlia. Virginie arriva anche a invitare Bill a trasferirsi in casa loro e rapidamente si trasforma in un nuovo componente della famiglia: va a prendere Maya a scuola, prepara la cena e la porta a letto come se fosse la propria figlia.
“Non ha bisogno di lui, ma è comunque un gran sollievo,” è la versione di Cottin per spiegare i sentimenti di Virginie nei confronti di Bill. “É un’opportunità di avere affetto paterno per la figlia. La sua presenza a casa, un adulto con cui parlare e confrontarti, qualcuno con cui condividere. E poi è un brav’uomo.”
Aggiunge Chasin: “Sono innamorata della storia di un uomo che impara a essere padre grazie alla relazione che costruisce con una giovane bambina francese. È come una seconda opportunità per imparare ad amare e lui a suo modo la coglie al volo.”
DALL’OKLAHOMA ALLA FRANCIA: STORIA DI UNA PRODUZIONE
La Ragazza di Stillwater – Stillwater è stato girato a Marsiglia, in Francia, e in alcune località nei dintorni di Oklahoma City, nello stato dell’Oklahoma, fra Agosto e Settembre del 2019, con una produzione pensata per essere interamente sostenibile a livello di impatto ambientale.
Per ottenere l’estetica che McCarthy aveva pensato per il film, il regista ha intrapreso una stretta collaborazione con il direttore della fotografia Masanobu Takayanagi, lo scenografo Philip Messina e la costumista Karen Muller-Serreau. Insieme, hanno lavorato per costruire accuratamente i due mondi di Stillwater, Oklahoma e Marsiglia. “Stillwater è una cittadina piatta fatta di grandi spazi e tranquillità,” spiega McCarthy. “In contrasto, Marsiglia è incredibilmente viva. Una delle principali motivazioni per cui la adoro è la sua luce, ragione per cui il sud della Francia ha per secoli attratto pittori. La nostra intenzione era catturare quella luce.”
Per rimarcare le drammatiche differenze fra i due luoghi, McCarthy e Takayanagi hanno pensato approcci unici, privilegiando una macchina da presa più statica per le scene da girare negli Stati Uniti e movimenti a mano per la fotografia da costruire a Marsiglia. “In Oklahoma, abbiamo lavorato molto con dolly e cavalletto, usando lenti differenti,” spiega l’autore. “Volevo rappresentare il peso e la fatica nella vita di Bill in Oklahoma tramite un certo tipo di ripresa. Poi siamo arrivati a Marsiglia e volevo riproporre l’energia e le vibrazioni della città tramite la macchina a mano. L’obiettivo era creare una distinzione chiara fra i due mondi con cui siamo entrati in contatto.”
“Abbiamo definito tre atti per il film,” spiega il direttore della fotografia. “Il primo coincide con l’inizio del film, quando Bill Baker si trova in Oklahoma. Il secondo è quando si sposta a Marsiglia, ed è la parte centrale e predominante della storia. Il terzo è quando ritorna a Stillwater alla fine del film. Fra le conversazioni più importanti del film c’è stato il confronto su come dovessimo comunicare le differenze emotive di queste tre parti distinte.”
McCarthy riconosce a Takayanagi, che ha curato le riprese di Il Caso Spotlight – Spotlight e del film diretto dal regista per Disney+ Timmy Frana – Qualcuno Ha Sbagliato – Timmy Failure: Mistakes Were Made, il merito di essere riuscito ad amplificare la distanza fra questi due mondi. “Masa gestisce perfettamente la macchina da presa a mano ed è molto bravo nel lavorare con pochi elementi per riuscire a tirare fuori il meglio dalla luce a disposizione,” afferma l’autore. “Ha un talento unico nel dare una forma estetica di qualità a una scena, ed è per questo che lavoriamo molto bene insieme.”
Marsiglia, in Francia, è la seconda città più grande della nazione dopo Parigi e la terza area metropolitana dopo Parigi e Lione. È una città portuale, affacciata sul Mediterraneo, una mescolanza cosmopolita animata da immigranti che arrivano da Algeria, Tunisia, Marocco, Turchia, Italia e Polonia, oltre a tante altre località. Con un set ambientato a Marsiglia, la città ha assunto un ruolo nel film considerando che Bill si muove senza grandi riferimenti.
La possibilità di poter girare a Marsiglia ha esaltato il regista che ha potuto così sfruttare l’abilità di catturarne i colori, le sfumature e le differenze sociali. “Da autore, l’intenzione è sempre di realizzare il film lì dove è ambientato, ma spesso risulta impossibile per ragioni finanziarie,” spiega McCarthy. “Aver passato del tempo a Marsiglia e averne percepito l’unicità, mi ha dato lo slancio per poter coinvolgere e convincere i miei collaboratori, oltre che trasferirlo sullo schermo. Ho capito che ci sarei riuscito quando ho portato buona parte del mio staff sul luogo e camminando li ho visti appassionarsi.”
Takayanagi conferma che potersi immergere nella città ha permesso di ottenere un enorme beneficio per il processo creativo. “Lavorare in questo modo mi ha sempre ispirato,” spiega. “Luci, suoni, odori, come possiamo comunicare questi sensi al pubblico? Abbiamo avuto l’opportunità di raccogliere il maggior numero di dettagli e poterli poi rappresentare sullo schermo.”
Il parere è confermato anche da Chasin: “Marsiglia è entrata sottopelle a tutti, compresi gli attori con le loro interpretazioni. Potersi muovere in spazi reali, poter andare a cena fuori quando finisci le riprese, sono tutti elementi che animano il nostro lavoro.” Breslin ci tiene a sottolineare: “Trovarmi in questo posto ha letteralmente aiutato la mia esperienza di costruzione del personaggio.”
Un’altra scelta della produzione ha portato a evitare la versione da cartolina di Marsiglia e piuttosto focalizzarsi sui quartieri popolari in cui la gente vive e lavora, la Marsiglia che i suoi cittadini riconoscerebbero. “Si parla sempre della bellezza del sud della Francia, ed è lampante il motivo quando arrivi a Marsiglia,” dice King. “Ma ci sono diversi strati della città, frutto di centinaia di anni di energia e cultura. Le strade ricoperte dai graffiti sono incredibili ed è pienamente nell’identità della città. Volevamo mostrare questi aspetti e volevamo farlo in una maniera realistica.”
L’approccio è stato poi seguito da tutti i reparti, come conferma lo scenografo Messina: “Non nascondo che in certe occasioni sarebbe stato più semplice usare uno studio e girare dentro alcune delle scene. Abbiamo fatto degli interventi, anche costruendo delle cose, ma sempre facendoci guidare dalla location. Dovevamo rimanere fedeli allo spirito del film e così è stato.”
Le scelte artistiche sono anche state legate ai personaggi. Ad esempio, per le scene ambientate nell’albergo dove Bill incontra per la prima volta Maya e Virginie, il regista e lo scenografo hanno individuato una soluzione che potesse in qualche modo apparire familiare per un cittadino americano, come un Best Western.
“La prima volta che ci sono entrato, avevo già visto parecchi hotel della città insieme a Tom,” racconta Messina. “Ma la premessa è che probabilmente Bill non avesse mai viaggiato fuori dagli Stati Uniti e certamente mai in un posto particolare come Marsiglia. Se dobbiamo immaginarlo prenotare online da casa, è ipotizzabile che scelga una catena di cui si fida. All’inizio, a livello visivo, non ero completamente convinto, ma Tom mi ha aiutato a costruirne la prospettiva. Questo uomo arriva con un budget limitato, perciò abbiamo deciso di farci guidare dalla sua testa. Così ho trovato la sicurezza di prendere alcune decisioni quando è stato il momento.”
L’autenticità è stata una delle linee guida del lavoro. Per le riprese nella prigione è stata scelta una porzione abbandonata delle Prigioni Baumettes, che, spiega lo stesso Messina, “hanno una fortissima identità. Abbiamo fatto pochissime modifiche, solo lì dove fosse necessario.” Per tutte le scene ambientate nel sobborgo dove Bill dà la caccia ad Akim, la produzione ha scelto il quartiere popolare Kalliste, al nord della città.
“Lo abbiamo trovato durante i sopralluoghi e si è dimostrato perfetto,” prosegue Messina. “Quando ti trovi lì, sembra un mondo completamente a sé. C’era una torre che era destinata alla demolizione, per cui stavano gettando mobili e letti fuori dalle finestre. È un ambiente a tratti devastante, che ha colpito soprattutto Tom durante le prime visite perché alla luce del giorno percepisci una sorta di normalità che si trasforma totalmente con la notte. È uno spazio che propone più dimensioni. Tom non voleva caricare l’idea che si trattasse di un posto brutto dove succedono solo eventi negativi. Ci sono anche brave persone in quartieri del genere.”
Per l’appartamento di Virginie, lo scenografo e la sua squadra hanno fatto un intervento sostanzioso su un edificio già esistente, un vecchio convento. Il team ha essenzialmente sventrato lo spazio per creare un ambiente che potesse coincidere con quanto descritto nella sceneggiatura e poter anche evidenziare alcuni aspetti chiave dell’identità del personaggio.
“Virginie è una madre single, ma non è una donna focalizzata solo sulla sua maternità,” afferma Messina. “Volevamo che avesse un appartamento accogliente, con una cura che sottolineasse le sue qualità di madre. Maya ha il suo spazio, piccolo e compatto in linea con gli appartamenti europei, ma pieno di calore e con tanti punti di profondità. Abbiamo lavorato per renderlo un posto sicuro, così da poterlo mettere in contrapposizione con quello di Bill in Oklahoma, molto più triste e solitario. Questa casa doveva esprimere le sensazioni del focolare sicuro.”
Anche se lo scenografo aveva all’inizio ragionato sull’ipotesi di fare piccoli cambiamenti e semplicemente arredare l’appartamento in funzione delle necessità delle riprese, è mano a mano diventato chiaro a tutti che sarebbe stato necessario un totale intervento di ristrutturazione. “A terra c’era il linoleum, che non funzionava in alcun modo,” confessa Messina. “Così l’ho tirato su e ho trovato delle incredibili mattonelle con un motivo anni ’50. Era un regalo dal cielo. Abbiamo finito per sostituire alcuni elementi, come le finestre in legno con le classiche serrande europee. Infine abbiamo rifatto da capo la cucina.
“Sarebbe stato molto più facile lavorare su un set, ma ho apprezzato e rispettato la visione di Tom,” prosegue Messina. “Voleva convivere con alcune scomodità di questa scelta, è anche un approccio pericoloso per certi versi. Ma se inizi a rinunciare ad alcune ipotesi una volta per comodità, altre volte per facilità, poi tutto di un tratto ti ritrovi a fare un film diverso da quello che avevi immaginato. Così, abbiamo tutti condiviso questo approccio e seguito i parametri che ci eravamo fissati.”
Una della sequenze più complesse a livello di logistica per la realizzazione di La Ragazza di Stillwater – Stillwater si è tenuta in uno dei luoghi più iconici di Marsiglia: lo Stadio Vélodrome, dalla capacità di 67.000 spettatori, tempio dell’osannata squadra di calcio, l’Olympique di Marsiglia. Per la scena in cui Bill porta Maya, grande tifosa, a una partita, per poi realizzare di essere seduti vicino ad Akim, la produzione ha organizzato le riprese in occasione di una vera partita. “Io e Tom siamo andati allo stadio più volte per definire ogni dettaglio,” spiega il direttore della fotografia Takayanagi. “Abbiamo ripreso con più macchine da presa per catturare al meglio l’atmosfera. Poi abbiamo realizzato le scene più strette e i dettagli in una giornata in cui lo stadio era vuoto.”
Prosegue Messina: “Tentare di inserire una star cinematografica di livello mondiale in una situazione del genere crea parecchi interrogativi. Come poter avere uno stadio pieno e una partita sul campo e riuscire contemporaneamente gestire l’organizzazione delle riprese? Ci sono volute molte riunioni per prendere una decisione. La cosa buona del personaggio di Matt è che si tratta di un uomo abbastanza comune, con il pizzetto e il cappello da baseball, che difficilmente ricollegheresti a Matt Damon.”
La sequenza girata ha lasciato il segno sull’attore già vincitore del Premio Oscar. “Per tutti quelli che non hanno mai vissuto l’esperienza di assistere a una partita di calcio in Europa, il mio consiglio spassionato è di comprare un biglietto,” afferma Damon. “Marsiglia, in particolare, segue la propria squadra in modo folle e divertente. È stato straordinario poter avere l’accesso allo stadio per le riprese. Bill Baker può avere visto Oklahoma State contro Oklahoma, che ovviamente ha il suo livello di adrenalina. Ma qui, con le coreografie e i cori, mettere il suo personaggio in questo ambiente, lo pone a confronto con un mondo totalmente diverso da quello da cui proviene.”
Anche se non ha avuto l’opportunità di partecipare alla partita di calcio, Breslin racconta di aver creato un’affinità speciale con i Calanchi, un’area di scioglie e baie fra Marsiglia e Cassis, dove Bill porta Allison durante una libera uscita che fa parte di un programma speciale di reinserimento nella società. Allison si tuffa nell’acqua mentre Bill rimane sulla spiaggia.
“È da subito stata una delle mie parti preferite durante la lettura della sceneggiatura, quando lei ha il permesso di uscire per un giorno, e decide di farsi una nuotata perché ha sempre amato immergersi nell’acqua,” confessa Breslin. “L’oceano è il mio posto preferito. E penso che anche lei volesse sentirsi in pace con se stessa per un momento. Infatti, in quel momento lei è consapevole che il padre le abbia mentito. Ma le cose sono andate avanti. Ora lui ha queste due persone al suo fianco, che non sono né la fidanzata né la figlia, ma neanche nulla di troppo lontano. Credo che questo tuffo nel mare sia come una liberazione dopo tutto quello che ha passato in questi anni.”
Prosegue Damon: “Marseille è una città di straordinaria bellezza, poi però esci e ti imbatti nei Calanchi, pareti di costa che sono state levigate dall’acqua nel corso dei secoli. Mi auguro che questo film riesca a contenere tutto l’amore che abbiamo provato per Marsiglia, perché si tratta senza dubbio di un posto speciale per tutti noi.”
Anche se la produzione ha coinvolto professionalità francesi, c’è stata una nutrita rappresentanza americana e canadese. In termini pratici tutti, compresi il regista e gli attori, hanno dovuto trovare una formula per poter comunicare al meglio. “Si è trattato di un processo e di una combinazione di stili,” racconta McCarthy. “Una volta che abbiamo trovato la chiave e direi che ci sono volute un paio di settimane, è diventato praticamente immediato. C’erano persone a cui parlavo in inglese per poi capire che non avevano inteso nulla. Così ci siamo dovuti resettare per poter poi costruire una nuova via di comunicazione.”
Per Cottin, la sfida era riuscire a raccogliere in pieno le osservazioni fatte dal regista americano. “Per me si è trattato di un’esperienza che mi ha messo seriamente alla prova, almeno all’inizio, perché mi sono trovata in una situazione mai provata prima,” è il suo ricordo. “Sei sempre spaventata a dover dialogare con un regista che ti chiede di provare alcune soluzioni, ma tu non sei certa al cento per cento di aver capito tutto. Poi però mi sono abituata ad alcune espressioni e formule che usa frequentemente.”
“Chiede molto ai suoi attori,” continua Cottin parlando di McCarthy, “ma come attrice, ti porta anche a fidarsi di lui. In questo modo, sei messo nelle condizioni di abbandonarti e andare dove ti chiede. A volte mi chiedeva di non pensare e lasciarmi andare. Adora il suo lavoro e il suo entusiasmo ti da le ali.”
Anche Breslin ha parole al miele per il regista. “Ciò che mi è piaciuto di lavorare con Tom è che anche si è trattato di un lavoro molto pesante, sul set ha sempre mantenuto un’invidiabile leggerezza,” spiega. “Arrivati a girare, tutto prende un altro peso. Come attrice può essere un momento fortemente emotivo, che provi a goderti nella maniera migliore, e lui è straordinario nel lasciarti tutto lo spazio di cui hai bisogno. Il suo interesse è di riuscire a costruire una storia, ma ti permette comunque di poter fare ogni tentativo che ritieni necessario. Inoltre, ha una cura unica dei dettagli del personaggio.”
Damon e Siauvaud hanno avuto la loro barriera di linguaggio da superare, ma la coppia è stata in grado di sviluppare rapidamente un rapporto che superava l’uso delle parole. “Con Matt ero aiutata dalla presenza di un interprete, ma spesso comunicavamo a gesti,” spiega la giovane attrice. “Ne avevo uno specifico per quando avevo fame e Matt mi capiva al volo.”
Prosegue Damon: “Per aiutarmi con Lilou c’era spesso un interprete, ma ho figli della sua età ed è stato immediatamente naturale interagire con lei. È una bambina e mi sono approcciato nella maniera più naturale. È una splendida bambina di otto anni.”
Anche se buona parte del film è stata girata a Marsiglia, la produzione ha realizzato dei sopralluoghi anche a Oklahoma City e nei suoi dintorni, per girare le scene ambientate lì, inclusa quella che apre il film. “Abbiamo approcciato Oklahoma nello stesso modo di Marsiglia, girando in ambienti reali che ci servivano, come chiese e negozi,” racconta King. “Non avremmo costruito Oklahoma da un’altra parte. Ha un’estetica totalmente differente da Marsiglia, è perlopiù piatta mentre Marsiglia è una città di colline. La cittadina francese affaccia sul mare, mentre Oklahoma è il luogo più lontano dal mare che tu possa immaginare.”
Aggiunge Chasin: “Tom crede nella totale autenticità dei progetti. Il suo desiderio più intenso è di dare al film una dimensione completamente realistica. La sua volontà di girare nelle vere locations in cui è ambientata la storia ha avuto un senso. Il suo occhio è unico nel dare quel gusto così veritiero, che rafforza anche il contenuto della storia. Gli standard che pone sono alti, ma riesce ad aiutare tutti gli altri a raggiungerli. Credo che questo approccio possa sintetizzare la differenza fra buono e straordinario.”
La ricerca delle connessioni fra Oklahoma e Marsiglia, e fra le persone che vivono e amano quei luoghi, è il cuore del film, spiega McCarthy. “Abbiamo cercato di comprendere questi due luoghi e il viaggio di Bill raccoglie tutte queste emozioni. Come regista e autore, voglio che il pubblico si perda in questa storia, che possa commuoversi e poi possa chiedersi quali sono i suoi sentimenti nei confronti del mondo in cui viviamo oggi. In questa storia non c’è alcun giudizio,” conclude McCarthy. “Ci sono più domande che risposte. Ed è da qui che dobbiamo partire anche come nazione per fare un passo in avanti dopo questi anni di divisione.”
dal pressbook del film
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info: 9 Settembre 2021 al Cinema.
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