Strategia del ragno (1970)
Strategia del ragnoVersione padana, girata tra Sabbioneta e Pomponesco, del racconto di ambiente irlandese Tema del traditore e dell'eroe, raccolto da Jorge Luis Borges in Finzioni. Athos Magnani, figlio e omonimo di un eroe antifascista di cui esiste il culto in un paesello della Bassa, torna come Oreste alla terra dei padri per scoprire l'assassino del genitore. I suoi scandagli nella memoria dei vecchi militanti incontrano improvvise difficoltà, affondano in zone d'omertà mal conciliabili con la civiltà edonistica ed estroversa dei culatelli e del Lambrusco. Pochi film abbiamo visto, negli ultimi anni, immaginati e scritti in un tale stato di grazia, con la leggerezza un po' straziata di certe pagine mozartiane. Eppure per Bertolucci si è visibilmente trattato di rimettere in questione, quasi in psicanalisi, tutta una privatissima eredità etnica e culturale: l'ha fatto con fermo coraggio e struggente delicatezza. Strategia del ragno ha i colori di una soave tavolozza, e resta fra le più belle interpretazioni dell'ultimo cinema italiano la doppia personificazione che Giulio Brogi fa del padre e del figlio: ecco cosa significa, facendo il mestiere dell'attore, avere un autentico talento da artista. Tullio Kezich, Panorama, 12 aprile 1973
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: martedì 27 Marzo 1973Uscita in Italia: 27/03/1973
Genere: Drammatico, Mistero
Nazione: Italia - 1970
Durata: 100 minuti
Formato: Colore
Produzione: RAI Radiotelevisione Italiana, Red Film
Note:
Presentato il 25 Agosto 1970 al festival del Cinema di Venezia.
Immagini
COMMENTO DEL REGISTA
Strategia del ragno nasce sul bisogno di affrontare l'ambiguità della storia, sulla demistificazione delle figure eroiche dei padri, sulla scoperta che le notti padane sono fatte di luce azzurra come le notti di Magritte, sui microfoni eroici della presa diretta assediati dalle enormi zanzare del Po. Il film è stato girato in una condizione di trance simile al sogno, è il sogno di un film, il cinema verità della memoria. Almeno metà del film è blu, perché ho girato molto nel breve intervallo della luce che c'è tra il giorno e la sera. È un blu speciale, inequivocabile, che tutti gli operatori allora temevano. Noi, invece, cominciavamo a girare proprio quando un operatore tradizionale avrebbe detto 'basta'. [Dal Catalogo generale della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 1970.]
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