Durante i disordini civili a Detroit nel 1967, diversi poliziotti iniziano a interrogare gli ospiti all'Algiers Motel. Entro la fine della notte, tre uomini disarmati vengono uccisi a colpi d'arma da fuoco e altri brutalmente picchiati.
La storia è ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit nel 1967. Tra le strade della città si consumò un vero e proprio massacro ad opera della polizia, in cui persero la vita tre afroamericani e centinaia di persone restarono gravemente ferite. La rivolta successiva portò a disordini senza precedenti costringendo così, ad una presa di coscienza su quanto accaduto durante quell'ignobile giorno di cinquant'anni fa. Il nuovo film della regista Premio Oscar® Kathryn Bigelow (Point Break, Strange Days, The Hurt Locker, Zero Dark Thirty), trascina lo spettatore in uno degli episodi più sanguinosi della moderna storia americana che però riporta a un presente quantomai attuale.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: giovedì 23 Novembre 2017Uscita in Italia: 23/11/2017
Data di Uscita USA: venerdì 28 Luglio 2017
Prima Uscita: 28/07/2017 (USA)
Genere: Crimine, Drammatico, Storico
Nazione: USA - 2017
Durata: 143 minuti
Formato: Colore
Produzione: Annapurna Pictures, First Light Production, Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), Page 1
Distribuzione: Eagle Pictures
Budget: 34.000.000 dollari (stimato)
Box Office: USA: 13.421.464 dollari | Italia: 171.842 euro
Classificazioni per età: ITA: 18+
Passaggi in TV:
• sabato 09 Dicembre ore 03:05 su Sky Cinema Due
• domenica 10 Dicembre ore 03:05 su Sky Cinema Due +24
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NEL CALDERONE
Come già dimostrato in modo memorabile con il film vincitore agli Oscar® The Hurt Locker e poi con Zero Dark Thirty, nominato nella categoria Miglior Film, la regista Kathryn Bigelow e lo sceneggiatore/produttore Mark Boal, premiato agli Oscar® e suo frequente collaboratore, non sono nuovi a temi controversi.
Nel loro nuovo film, il thriller drammatico DETROIT, Bigelow bilancia sapientemente l'approccio filmico esperto del cinema in stile reportage, con la narrativa piena di tensione di tipo "ci sei dentro" di Mark Boal. Supportata da un cast brillante di veterani e stelle nascenti, che includono John Boyega (Star Wars: Il risveglio della Forza), Anthony Mackie (The Hurt Locker, Captain America: Civil War), John Krasinski (13 Hours), Will Poulter (Revenant – Redivivo), Algee Smith (Army Wives – Conflitti del cuore), Jason Mitchell (Straight Outta Compton), Jacob Lattimore (Collateral Beauty), Hannah Murray (Il Trono di Spade) e Kaitlyn Dever (Justified), Bigelow ci riporta indietro nell'estate del 1967, dentro il calderone in ebollizione dei disordini civili, che in quel momento laceravano la città di Detroit. Dopo decenni di negligenza e promesse mancate, il centro urbano della città, esplose in una sediziosa violenza e la risposta militare alle sommosse, alimentò ulteriormente le fiamme della discordia. La combinazione di caos e potere in alcuni momenti offuscava la distinzione tra vittime e colpevoli. Al di là delle cospicue perdite, la vittima più grande fu l'innocenza, come dimostra la storia centrale del film. Gli eventi reali successi in una notte terrificante al Motel Algiers, così come le successive conseguenze, nonostante allora fossero ben noti, finirono con l'essere relegati in una nota storica a fondo pagina.
Nelle mani esperte di Bigelow, gli incidenti di quella fatidica notte e quello che seguì, vengono ricostruiti in maniera vivida e risorgono. Quest'approccio così vicino e personale, rispecchia la tecnica padroneggiata da Bigelow in The Hurt Locker e in Zero Dark Thirty. IL mezzo cinematografico, sostiene lei, " parla al subconscio, chiedendo allo spettatore quasi un coinvolgimento attivo." In The Hurt Locker, Bigelow ci ha portato con successo sul terreno iracheno e in Zero Dark Thirty, direttamente all'interno dell'area di Osama Bin Laden. "In questo caso, volevo mettere lo spettatore dentro il Motel Algiers, così da fargli vivere l'esperienza quasi in tempo reale."
Nel disseppellire questo momento sostanzialmente dimenticato ma così cruciale nella storia recente americana, Bigelow e Boal hanno cercato di onorare sia i sopravvissuti, sia i defunti, in un modo che fosse premuroso e rispettoso. Boal, il primo a proporre l'idea a Bigelow e ad Annapurna Pictures attraverso la sua compagnia Page 1 Productions, ha condotto ricerche dettagliate sull'incidente e ha parlato con chiunque fosse stato coinvolto nella ribellione urbana per le strade di Detroit e ancora vivo. Siccome Kathryn Bigelow e Barry Ackroyd hanno scelto di usare uno stile filmico da documentario e reportage, lei e Billy Goldenberg, responsabile del montaggio, hanno deciso di inserire filmati d'archivio nel film, per incrementare la forza del tema narrativo centrale e immergere lo spettatore. "Nel corso del processo di ricerca, ho trovato dei filmati della ribellione che si mescolavano così perfettamente con il lavoro di Barry, da poter essere inseriti nel film, dando un'autenticità quasi tattile."
"I film storici possono risultare leggermente antisettici, specialmente se sono passati cinquant'anni", dice Boal. "Solo quando incontri le persone che sono state realmente coinvolte, inizi ad apprezzare che i fatti storici in realtà sono la storia di persone vere. E questo è diventato il fulcro della mia sceneggiatura."
Sin dal 2014, Boal e il suo team di ricercatori hanno intervistato dozzine di partecipanti coinvolti nelle reali sommosse, dagli afro-americani residenti della comunità, alla polizia e al personale militare. Il suo team di sei ricercatori a tempo pieno, capitanati dal reporter di Detroit, vincitore del Premio Pulitzer, David Zeman, ha scoperto una collezione di materiali, tra cui giornali, reportage radio e tv, documenti del tribunale, materiale investigativo dell'FBI e del Dipartimento di Giustizia, resoconti contemporanei e ricerche sociologiche, così come altri documenti che non erano mai stati pubblicamente rilasciati dal Dipartimento di Polizia di Detroit e dall'Università del Michigan. Tra le dozzine di storie individuali con cui Boal è venuto a contatto, una emergeva in modo particolare, la cronaca storica di Larry Reed (interpretato nel film da Algee Smith), il cantante di un gruppo musicale nascente, i Dramatics, che, per levarsi dalle strade durante il coprifuoco, aveva prenotato per sé e per il suo caro amico, Fred Temple (Jacob Latimore), una stanza per la notte al Motel Algiers. "Larry si è trovato trascinato in questa vera storia criminale", dice Boal, "che ha modificato il corso della sua vita; questo, nella mia testa, è ciò che avrebbe formato la spina dorsale del film."
Boal ha rintracciato Reed, che non aveva più parlato pubblicamente dell'incidente da decenni. Esitante all'inizio, Reed ha poi infine condiviso la sua lancinante esperienza di quella notte al Motel Algiers e Boal ne è stato così toccato, da rendersi conto che doveva portare alla luce questo momento ingiustamente ignorato dalla storia. Oltre a tutte le prove documentarie sull'Algiers, Boal è riuscito anche a rintracciare diversi altri ospiti, che erano stati forzati in un silenzio virtuale da questo terrificante incidente. Raccontare l'insieme di questa storia, ha portato con sé l'onere della responsabilità di riprodurla in maniera leale e senza giudizio, dice Bigelow, che a sua volta ha passato del tempo a parlare con i sopravvissuti. "Quando stai realizzando una storia su un evento di vita reale e incontri i testimoni di quell'evento, vuoi essere sicura che queste esperienze non siano accadute invano, che puoi trasferire la risonanza della loro storia e rivelarla al pubblico." Boal aggiunge che: "Quando scegli di raccontare una storia vera come questa, devi approcciarti con un senso di responsabilità personale, alla storia stessa e ancor più agli individui in essa coinvolti, alcuni dei quali sono sopravvissuti e altri no. Anche se stavamo facendo un film di finzione e non un documentario, avevamo il carico della responsabilità di onorare il passato, in un modo che fosse premuroso e rispettoso."
IL PROLOGO CHE HA CREATO IL CONTESTO
Prima di immergersi nell'insurrezione di Detroit e nel cuore della storia, Bigelow voleva fornire agli spettatori un background storico-sociale, sull'escalation che ha portato alla conflagrazione dei conflitti, così come una visuale del panorama culturale della città nel 1967.
"Sono sempre stata un'ammiratrice del lavoro del grande artista afro-americano Jacob Lawrence. La sua importante serie sulla grande migrazione, sembrava proprio la voce migliore per descrivere i decenni che portarono ai disordini civili degli anni '60 e per mettere lo spettatore nella posizione di poter comprendere la rabbia e il senso d'ingiustizia, che si erano andati formando nei decenni passati e che avevano messo questo Paese su una rotta di collisione. Abbiamo approcciato la fondazione Jacob Lawrence con un'idea, quella di fondere i pannelli l'uno dentro l'altro, in modo che uno conducesse automaticamente a quello dopo. Quando è arrivato il momento di aggiungere il testo, ancora una volta ci siamo trovati a bocca aperta di fronte alla portata e alla complessità di ciò che causò le sommosse degli anni '60. Questa volta ci siamo rivolti a Henry Louis Gates, Jr., il Direttore dell'Hutchins Center for African American Research dell'Università di Harvard", ha condiviso Bigelow.
UN PROCESSO DI CASTING INNOVATIVO
Nella sua ricerca per trovare i giovani attori che interpretassero gli ospiti del Motel Algiers e il personale militare e di polizia, Bigelow ha organizzato dei giochi di ruolo semi-improvvisati. "Ho creato degli scenari che simulassero la sceneggiatura e fossero basati sulle circostanze; è stato elettrizzante vedere quanto gli attori fossero svegli e fantasiosi", racconta lei, " e anche quanto fossero a loro agio in situazioni fluide e sempre in divenire. È così, che ho individuato il cast. Gli attori scelti, sono stati quelli che hanno dimostrato senza eccezioni, una complessità emozionale densamente ricca e versatile per la loro giovane età." Il processo di casting di Bigelow è stato inizialmente disorientante per Algee Smith, che interpreta il ruolo centrale di Larry Reed, il cantante del nascente gruppo di R&B, i Dramatics, rifugiatosi al Motel Algiers con il suo amico Fred Simple (Jacob Latimore), con l'idea di mettersi al riparo dai disordini esterni. Anche dopo essere stato incluso nel cast, Smith è stato colto alla sprovvista, perché non ha saputo quale fosse il suo ruolo, fino a una settimana prima del suo arrivo sul set a Boston.
"All'inizio mi sentivo confuso", confessa lui, "fino a quando non ho compreso il motivo per cui Kathryn avesse scelto un approccio da improvvisazione per il casting e le riprese. Un vero genio. È stato un modo per tenerci sempre sulle corde e per tirare fuori da ognuno di noi un'intensità spontanea e selvaggia. Non avevo mai girato in questo modo, senza pianificazione. Arrivavo sul set e lei diceva 'ok, questo è quello che farete oggi. Forza, cominciamo. Ora'. E questo è il modo in cui lei ha catturato i momenti reali in maniera così magnifica. Non ci siamo preparati su ciò che stava per accadere, quindi le nostre reazioni sono sempre state oneste e 'nel qui e ora'". Essere messo al muro, abusato e brutalizzato per giorni, ha avuto pesanti ripercussioni su Smith e gli altri attori, sostiene lui. "Ero onestamente terrorizzato e, in alcuni momenti, mi sono sentito trasportato in zone d'ombra davvero buie. È stato tutto così implacabile e selvaggio, da far arrivare tutto il dolore e le emozioni, nonostante fosse comunque più leggero di ciò che è realmente accaduto." Dopo aver appreso che avrebbe interpretato Larry Reed, il giovane aspirante cantante, Smith ha potuto incontrare e passare del tempo con il vero Reed e ha avuto modo di comprendere come quella fatidica notte abbia cambiato il corso della sua vita. "Sentire le sue storie è stato difficile", ammette Smith. "Mi ha mostrato le cicatrici, che ancora ha da quella notte. Mi ha mostrato dove il suo cranio ancora risulta spaccato."
Nel ruolo di Melvin Dismukes, un agente di sicurezza privata, che lavora per proteggere una drogheria locale dagli sciacalli e si ritrova coinvolto nel caos del Motel Algiers, la Bigelow ha scelto una stella nascente, l'attore di nascita inglese, John Boyega, noto al pubblico per la sua interpretazione di Finn nella nuova trilogia di Guerre Stellari. "Melvin Dismukes si era recato all'Algiers per fare segretamente la guardia a questi giovani uomini" osserva Boyega "pensando di poter fare del bene e di proteggerli con la sua presenza". Come Algee Smith, anche Boyega è stato divorato dall'approccio immersivo di Bigelow e ha sviluppato un legame con la persona reale che ha interpretato. Ha passato del tempo con Melvin Dismukes, che, insieme agli altri sopravvissuti, ha fatto da consulente al film. "Non avevo mai interpretato il ruolo di una persona vera prima d'ora", ammette lui "e Melvin mi ha parlato della sua esperienza con grande profondità".
Il ruolo cruciale di Philip Krauss, il poliziotto a capo del "gioco mortale" e degli interrogatori, che intimidisce i suoi colleghi più deboli a seguirlo, è stato assegnato a un'altra giovane stella nascente inglese, Will Poulter, apparso recentemente in Revenant – Redivivo. Il personaggio, spiega lui, non è basato su una persona in particolare, ma piuttosto riflette il comportamento dei poliziotti implicati in questi eventi, basato su testimonianze di prima mano di ciò che è trapelato. La sfida più grande di Poulter, dice lui, è stata quella di interpretare un personaggio con cui non sentiva alcun tipo di connessione. "Non riuscivo minimamente a relazionarmi con lui. Non riuscivo a trovare un parallelo. Si trattava di comprendere la struttura di pensiero, negativa e male informata, che caratterizza un comportamento così razzista. Sapevo poco della storia americana e ancor meno della storia afro-americana, così ho dovuto fare qualche ricerca. E ciò nonostante, è stato difficile cercare di abbracciare quel tipo di metodologia che conduce alla disumanizzazione degli afro-americani e, a essere completamente onesto, il ruolo che i bianchi hanno avuto nel promuovere questo tipo di sistema." Nonostante sia stato difficile farsi un vanto per il lavoro fatto nell'interpretazione di un uomo che brutalizza spietatamente gli altri, Poulter ha sentito la responsabilità di mostrare questo comportamento aberrante e di differenziarlo dalle azioni dei poliziotti rispettosi della legge. Il comportamento di Krauss diviene ancora più repellente, nel momento in cui contagia i suoi colleghi, la cui formazione gli richiede di formare un fronte unito e di spalleggiarsi, qualunque cosa accada. "Krauss è l'orchestratore di un metodo utilizzato a quel tempo dalla polizia, l'uso di tattiche antagonistiche messe in atto per provocare una reazione aggressiva o violenta da parte degli afro-americani, così da giustificare il loro arresto", afferma Poulter. Nonostante abbia sentito l'intensità della storia anche dalle sole pagine scritte, il peso di interpretare una persona così immorale, ha infastidito Poulter che, fuori dal set aveva stretto amicizia con le giovani donne e uomini di cui doveva abusare ogni giorno. Algee Smith racconta che un giorno, è diventato tutto troppo pesante per Poulter. "C'è stato un momento sul set quando Will è scoppiato a piangere", dice Smith. "Ha guardato Kathryn e ha detto 'quante volte ancora dobbiamo ripetere questa scena? Mi sta facendo male'. E questo ci ha fatto crollare a tutti. Ho cercato di abbracciarlo e poi ho iniziato a piangere con lui. E ho pensato, se si provano così tante emozioni e dolore solo recitando, quanto più doloroso deve essere stato nella vita reale?"
"Sono sempre stata molto consapevole dello stato emotivo del cast; il conto per Will è stato particolarmente pesante", dice Bigelow. Sensibile al peso di cui Will si stava caricando, Kathryn si è mossa rapidamente: "Abbiamo chiuso la ripresa e siamo andati avanti."
TELECAMERE IN CONTINUO MOVIMENTO
Le intenzioni originali della regista Kathryn Bigelow, erano di girare DETROIT nel Michigan e, con il suo team, ha fatto ampie ricerche per trovare lì le location. Quando il Michigan non ha rinnovato gli incentivi fiscali per il cinema, girare a Detroit è diventato fiscalmente insostenibile e la produzione si è spostata su Boston e dintorni.
Le riprese sono iniziate a luglio 2016 e sono andate avanti per cinquantadue giorni. La produzione è poi tornata a Detroit, per girare gli esterni e alcune altre scene necessarie, per circa un'altra settimana. La tensione più insopportabile di DETROIT, in particolare le scene degli interrogatori nel corridoio del Motel Algiers, nasce in parti uguali, dalla sceneggiatura carica di emozioni di Boal e dalla tecnica ingegnosa di Bigelow scelta per portarle in vita. Oltre a tenere il cast in sospeso su cosa si dovesse girare ogni giorno, lei e il direttore della fotografia, Barry Ackroyd, (The Hurt Locker, Captain Phillips – Attacco in mare aperto), hanno utilizzato una tecnica unica per catturare il caos e il disorientamento delle sequenze principali; in particolare per quella della brutale e lunghissima scena degli interrogatori, che è stata girata in un periodo di diversi giorni. Il corridoio, in cui gli ospiti del motel sono stati messi contro il muro, è stato illuminato in maniera uniforme, così che telecamere multiple potessero catturare ogni momento cruciale, senza doversi fermare per cambiare angolature e illuminazione. "Le telecamere non sono mai state stazionarie", ricorda Anthony Mackie, che interpreta il personaggio di Greene, un veterano del Vietnam, traferitosi a Detroit, in cerca di lavoro nell'industria automobilistica e domiciliato al Motel Algiers. Mackie già conosceva il costante movimento, fluido e riservato, delle telecamere di Ackroyd, per la loro precedente collaborazione in The Hurt Locker.
In aggiunta, dice lui, anche la telecamera di Bigelow, ha registrato e catturato con un costante movimento l'intero ambiente, rendendo l'esperienza pienamente immersiva. "Questa tecnica permette agli attori di crearsi il loro personale spazio. Non reciti per la telecamera, reciti la scena come se fossi in uno spettacolo teatrale. Non sapendo quale telecamera è su di te e quindi in quale momento dare il 110%, sei costretto a uscire dalla zona di confort, che è proprio ciò di cui ha bisogno ogni attore."
Per essere aiutata a ricreare la Detroit del 1967, la Bigelow si è rivolta allo scenografo di Zero Dark Thirty, Jeremy Hindle. "La cosa più importante era di creare un ambiente d'epoca autentico e senza cuciture, che davvero rispecchiasse quel periodo storico, ma che allo stesso tempo non risultasse, in alcun modo, artificiale, meccanico o manipolato", dice Bigelow. "Penso che sia la grande capacità artistica di Jeremy che ha fatto funzionare la cosa. Che sia riuscito a creare una così autentica atmosfera e allo stesso tempo a rimanere nei nostri parametri fiscali, è un'impresa straordinaria. L'attenzione al dettaglio è veramente rigorosa e mi sono sentita di dover rispondere a questo."
"Sono partito da reali referenze fotografiche del periodo, prese da Time Magazine, Magnum", dice Hinkle. "Ci sono davvero molte bellissime immagini e puoi vedere la tensione nelle foto delle strade, della gente, della polizia, dei militari. A livello di atmosfere, comunicavano lo stile dell'epoca; è così che siamo riusciti a rendere tutto molto credibile. Barry (Ackroyd) ha fatto la stessa cosa per trovare le inquadrature. Io ho disegnato i set e poi Barry li ha trovati." Trovare il look giusto della Detroit del tempo girando il film a Boston, è stato un compito stancante e faticoso. "Però, penso che siamo riusciti a fare un ottimo lavoro. Abbiamo visitato tutta la città di Boston, da Lawrence fino a Broxton. È stato complicato, poiché ci sono tanti pezzi in movimento: non siamo riusciti a trovare tutto quello che volevamo in un unico luogo. Quindi, abbiamo dovuto prendere la parte di una strada e quella di un'altra e poi combinarle." La sfida più grande per Hindle e la sua crew, è stata quella di ricreare il Motel Algiers e il suo annesso, strutture che non esistono più. La fortuna ha aiutato. "Trovare gli interni dell'annesso è stato un vero colpo di fortuna, una canonica che era molto simile e perfetta per girare. Anche trovare la struttura del motel principale, è stato un colpo di fortuna, ma in questo caso abbiamo dovuto fare un restyling di tutto, costruire una piscina, un muro e metterci una gigantesca insegna al neon costruita apposta. Abbiamo cambiato ogni porta, maniglia, cartello. Ricreare un look d'epoca è complicato, bisogna cambiare o nascondere cose a cui normalmente non pensi, come cartelli stradali, allarmi antincendio e parchimetri… è un lavoro infinito." L'annesso, dove è avvenuta una grande parte delle riprese, è in realtà una canonica e i proprietari all'inizio non volevano partecipare. "Avevo già visto più di duecento case", dice Hindle. "Sapevo la misura che andavo cercando e come doveva essere il corridoio. Doveva essere centrale, con spazio sufficiente per contenere nove ospiti, la polizia e i militari e anche avere la giusta profondità", racconta Hindle. "Potevo già indovinare dall'esterno che era la casa giusta, ma loro hanno continuato a dire no per giorni. E io dicevo, continuate a insistere. La casa è questa. Alla fine hanno accettato. Abbiamo passato diciassette giorni a girare nella casa, dopo averla trasformata. Ci abbiamo lavorato tantissimo. È una casa spettacolare. Se la si guarda ora, sembra una villa bellissima."
La costumista della Bigelow, aveva appena terminato la biografia di Tupac Shakur, All Eyez on Me e Birth of a Nation – Il risveglio di un popolo di Nate Parker, quando è stata chiamata dalla Bigelow per un colloquio e poi assunta su due piedi. "Francine ha lavorato costantemente con Jeremy per creare questi ambienti accurati, ricchi e veritieri in ogni dettaglio, che non catturassero l'attenzione in maniera artificiale", continua Bigelow. "Questo tipo di profondità emerge dalla superficie dello schermo." Come Hindle, anche Tanchuck ha fatto delle ricerche sul periodo in cui si svolge il film (fotografie, filmati di telegiornali) e ha poi scelto una palette di colori sui toni del rosso mattone, giallo mostarda, del bianco sporco e del verde petrolio. "Gli anni '60 sono un periodo così bello", dice "le donne erano tanto femminili e gli uomini pieni di stile. A Detroit, la Motown era al vertice. È stato davvero divertente ricreare questa cosa nella scena musicale al Fox Theater." In totale, Tanchuck stima che lei e la sua crew hanno vestito tra le 600 e le 800 persone, tra attori principali, poliziotti, Guardie Nazionali, partecipanti nelle sommosse e sciacalli. Oltre a fare ricerche sul periodo storico, ha anche preso ispirazione dai sopravvissuti del motel, con cui ha avuto modo di parlare a lungo su cosa indossassero in quel tempo e, più specificatamente quella notte al Motel Algiers.
VICINO E PERSONALMENTE
In aggiunta alle ampie ricerche condotte, i filmmakers di DETROIT, hanno avuto la fortuna di avere a disposizione tre testimoni, tutti coinvolti nell'incidente del Motel Algiers in quella fatidica notte dell'estate del 1967. I loro racconti hanno fornito ai filmmakers una visuale unica sullo sviluppo degli eventi caotici accaduti nel corso del brutale interrogatorio.
Melvin Dismukes, Larry Reed e Julie Ann Hysell, hanno aiutato il team a mettere insieme tutti i pezzi, fornendo prospettive diverse. Sono anche stati chiamati come consulenti, per assistere i filmmakers nell'essere il più accurati possibile durante le riprese. "Penso che uno degli aspetti più importanti nella preparazione di questo film – al meno per quel che mi riguarda – è stato quello di passare del tempo con queste persone che sono effettivamente sopravvissute a questo incidente", dice Bigelow. "Hanno fornito una rappresentazione profondamente dettagliata di quella notte. Cinquant'anni dopo, molti di loro sono ancora visibilmente sconvolti da quell'evento ed è comprensibile." Melvin Dismukes faceva parte della grande diaspora degli afro-americani che avevano lasciato i confini razzisti del Sud, attirati dalla prospettiva di lavori nell'industria e dai diritti civili del Nord del paese. Nonostante dichiari di aver dovuto affrontare del sottile (e a volte neanche tanto sottile) razzismo, dopo che la sua famiglia si è trasferita dall'Alabama a Detroit, lui era riuscito comunque a diventare un saldatore certificato dai sindacati, un posto che all'epoca era per lo più negato ai neri, per poi essere assunto come guardia di sicurezza privata. Durante le sommosse del 1967, si è ritrovato più volte a disinnescare situazioni pericolose prima che sfuggissero al controllo. "Per tutta la mia vita, ero stato una persona che cercava di evitare l'inasprirsi dei problemi e c'erano state diverse opportunità in questo senso, durante le notti e i giorni delle sommosse di Detroit", ricorda lui. Dismukes era di guardia a una drogheria quando sentì uno sparo e, insieme alla Guardia Nazionale, si recò al Motel Algiers, ovvero nella direzione in cui si supponeva arrivasse lo sparo. Quando entrò nell'annesso del motel, vide due giovani donne bianche e diversi afro-americani schierati contro il muro in completo panico, mentre venivano verbalmente e fisicamente maltrattati dalla polizia. Comprese che: "Era chiaro che non sapessero niente e che non avrebbero comunque detto nulla, neanche se lo avessero saputo." Nonostante fosse tentato di andarsene, come fecero gli uomini della Guardia Nazionale quando la situazione iniziò a sfuggire al controllo – linguaggio abusivo, percosse, persone colpite con il calcio dei fucili – lui decise di rimanere. Pagò questa decisione a caro prezzo. Fu arrestato e accusato di omicidio e, solo dopo un devastante processo, dichiarato non colpevole. Non solo la legge cercò di coinvolgerlo nelle morti accadute quella notte, anche la comunità nera gli girò le spalle. "Cercare di fare una cosa buona, quando c'è un caos del genere, non ha valore", dichiara lui. " Avrei potuto confrontare i poliziotti, ma probabilmente mi avrebbero sparato, rivendicando la legittima difesa. Però nessuno era interessato ad ascoltare la mia versione della storia". In seguito, Dismukes lasciò Detroit, continuando a lavorare come guardia privata fino alla pensione. Molto raramente ha parlato degli eventi di quella notte e delle altrettanto traumatiche conseguenze, perché "mi facevano risalire il dolore per la questione razziale e per il fatto che non c'era altro che avrei potuto fare, a parte aiutare nella ricerca delle pistole", spiega lui. "Non avevo nessuna autorità per fermare ciò che stava accadendo in quell'ingresso. Mi sono sentito semplicemente impotente." Ad ogni modo, dopo cinquant'anni, la verità su quella notte e sul suo coinvolgimento è venuta finalmente fuori. "Questo film DETROIT, vi dirà cosa sia realmente accaduto." Melvin Dismukes è interpretato dalla stella nascente, John Boyega, protagonista della nuova trilogia di Guerre Stellari.
Larry Reed era nato a Detroit ed era il cantante di un gruppo nascente di R&B, i Dramatics. Era solo un teenager, quando lui e il suo migliore amico, cercarono rifugio al Motel Algiers, perché impossibilitati a rientrare a casa sani e salvi. Invece, lui e il suo amico, insieme a diversi altri, furono allineati contro un muro dalla polizia, interrogati brutalmente e picchiati. Mezzo secolo dopo, Reed, che da allora ha dedicato la sua vita alla professione di maestro di coro, ha ancora le cicatrici fisiche ed emozionali che provano i fatti di quella notte.
"Ci siamo trovati semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato", dice lui. "Sono riuscito a rimanere vivo e ho trovato un poliziotto che ha avuto pietà di me, portandomi all'ospedale. Però, il mio amico è tra coloro che furono uccisi." Per Reed, DETROIT è più di un film. È la testimonianza di un momento decisivo nella storia americana del ventesimo secolo. Mentre per molti anni Reed è stato reticente sul parlare di quella notte che gli ha cambiato la vita, quando è stato avvicinato dai filmmaker, ha pensato fosse doveroso farsi avanti, per il suo amico e le altre persone che avevano perso la vita. "Lo scopo della mia apertura è che le persone sappiano cosa sia successo", dice Reed. "Non voglio che questo evento sia dimenticato, quello che abbiamo passato io e il mio amico. È qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere." Algee Smith, star della mini-serie The New Edition, interpreta il ruolo di Larry Reed.
Julie Hysell è cresciuta a Columbus, in Ohio, la figlia adottiva di un pompiere e di una contabile. Per sua stessa definizione, era un'adolescente amante delle feste, così lei e la sua amica di scuola, Karen Malloy, andarono a Detroit per sentire un gruppo di R&B, i Precisions, finendo con il fermarsi lì. Terminarono rapidamente i soldi e così si spostarono al Motel Algiers, dove pagavano solo sei dollari a notte. Durante il coprifuoco imposto dalla città, si spostarono in una delle camere dell'annesso che aveva una cucina, sperando di trovare del cibo, ritrovandosi in mezzo a un fuoco di proiettili, sparati dalla Guardia Nazionale, che stava reagendo a un ipotetico sparo di pistola. Sentendo le sommosse scoppiare tutt'intorno a loro, si ritirarono nella camera di alcune conoscenze di fiducia, che avevano incontrato in piscina. "Poi la polizia entrò nella camera e mi chiese qualcosa", ricorda Hysell, "e siccome non gli piacque la mia risposta, mi colpirono e mi strapparono i vestiti." Hysell e la sua amica furono accusate di essere delle prostitute e i loro amici furono marchiati come dei papponi. Poi furono trascinate nel corridoio al piano terra e " per le successive due o tre ore, tutto quello che fecero fu picchiarci e uccidere", dice lei. "Potevi sentire le persone chiedere pietà per le loro vite." Hysell è grata al film DETROIT e alla sensibile ma onesta gestione da parte dei filmmaker, dei fatti emersi. "Ho pensato che sarebbe stato difficile assistere alle riprese, perché non sono sicura di aver mai elaborato ciò che successe quella notte. Però Kathryn mi ha circondato di un gruppo di persone speciali, che mi hanno aiutato ad affrontarlo. L'unico momento in cui ho perso il controllo, è stato quando filmavano la scena dell'aula di giustizia, nel momento che fu annunciato il verdetto di non colpevolezza. Ho dovuto letteralmente lasciare il set. Voglio dire, queste persone furono uccise. A sangue freddo. Furono uccise e i poliziotti dichiarati innocenti. È per questo che è importante raccontare questa storia. Vorrei che la gente guardasse questa storia e dicesse 'si, è ora che le cose cambino'. È questo che mi piacerebbe accadesse." Julie Hysell è interpretata da Hannah Murray (Il trono di Spade).
TENERE IN MANO IL PASSATO COME UNO SPECCHIO
Ogni riferimento alle attuali discussioni nazionali sul razzismo istituzionale e gli eventi descritti in DETROIT è stato puramente intenzionale, dicono i filmmaker. "Penso che questa sia una storia importante da raccontare", dice il produttore/sceneggiatore Boal, "perché uno dei valori nel guardare al passato, è che ti permette di guardare al presente da un'altra prospettiva. E di porti delle domande come 'quante cose sono cambiate? E quante cose non sono cambiate?'" Gli eventi dell'estate del 1967 a Detroit e in altre importanti città americane "non sono stati un momento isolato nel tempo", continua Boal. "Sono la parte di un continuo. E per quanto siamo consapevoli di questo continuo, forse possiamo comunque metterci più attenzione."
Il cast principale di DETROIT è tornato a casa con la propria personale visione del film. "Sono stato molto orgoglioso di lavorare con filmmaker che, con il loro lavoro, cercano di fare di più che semplicemente intrattenere: provano a sensibilizzare le persone su problemi di vita reale e su problemi della società", dice Will Poulter. "Perché si possa progredire, è di vitale importanza che i media e le arti evidenzino questi problemi."
"Quando è finito il film, non ero sicuro di come mi sentissi", ammette Algee Smith. "Da una parte, ero felice di aver fatto parte di questa importante storia. Dall'altra, ero addolorato per ciò che è successo a delle persone reali e anche arrabbiato per le ingiustizie che ne sono derivate. Diciamo che ero confuso, nonostante alla fine, sentissi un'immensa gratitudine per chi ha scelto di raccontare questa storia.
Secondo Bigelow, "se lo scopo dell'arte è di promuovere un cambiamento, se siamo davvero pronti a puntare il dito sull'ineguaglianza razziale di questo paese, dobbiamo essere disposti ad ascoltare. Spero che questo film incoraggi una piccola parte di questo dialogo e che si trovi un modo per guarire le ferite che esistono in questo paese da troppo tempo."
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